Fotografia, comunicazione, media e società

La “Questione italiana” al Festival di Roma FotoGrafia

Al via la sesta edizione, con un’anticipazione straordinaria
di Gerardo Regnani
gerardo.regnani@gmail.com
Roma, 10/03/2007

Anche quest’anno, nel solco della tradizione con Marco Delogu riconfermato nell’incarico di direttore artistico della manifestazione, riapre il Festival di Roma FotoGrafia, giunto così alla sua sesta edizione. Il testo che segue, sulla base delle informazioni sino ad ora fornite dagli organizzatori, segnala quali sono le iniziative previste per quest’ultima edizione di FotoGrafia che, sebbene non sia indenne da critiche, si connota comunque come interessante, innanzitutto per il rilievo che continua ad offrire ad un medium importante e pervasivo quale è la fotografia.
Il 16 marzo 2007 ci sarà un’anticipazione straordinaria del Festival di Roma FotoGrafia intitolata: “Non tutte le strade portano a Roma. Lazio. 7 fotografi per l’identità di una terra“.
Sarà la mostra di apertura del Festival FotoGrafia che giunge così alla sua sesta edizione prevista per il periodo 6 aprile-3 giugno 2007.

Il titolo scelto per l’intera rassegna è: “Questione Italiana – Indagine sulla fotografia contemporanea“. Si tratterà, come anticipato dagli organizzatori, di una “indagine sulla fotografia contemporanea in Italia”, sulla relativa “scuola” e le sue forme espressive. Sarà perciò particolarmente interessante verificare, al di là del nome prescelto per intitolare la manifestazione, quali saranno le scelte effettuate per sviluppare questo interessantissimo quanto complesso ambito tematico.
Anche quest’anno, come per il passato, l’organizzazione del Festival è curata da Zoneattive. Analogamente alle edizioni precedenti, è stata riaffidata a Marco Delogu la direzione artistica del Festival che sarà sempre promosso dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e si svolgerà sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
A proposito della direzione artistica, sperando che ciò non venga letto come lo scopo prioritario di questo contributo né al pari di una critica indiscriminata all’operato del riconfermato direttore artistico, che alla manifestazione ha certamente dato un rilievo innegabile che va certamente riconosciuto, è però opportuno chiedersi se non sia stata già valutata l’opportunità di un avvicendamento futuro che possa favorire ancor di più l’evoluzione di questa manifestazione anche con il contributo di altre valide direzioni che, avendone l’opportunità, potranno rappresentare anche ulteriori ambiti di riferimento. Detto in altri termini, ogni mandato dovrebbe prevedere un termine. Tale principio, ormai ampiamente condiviso, è stato adottato in tempi recenti anche da un’importante istituzione quale è la Banca d’Italia.
Tornando alle produzioni del Festival, secondo quanto è stato annunciato, la mostra anticipatrice di FotoGrafia di cui si è detto in apertura verrà proposta in uno spazio che per la prima volta verrà restituito alla Città: l’Ex GIL (Gioventù Italiana Littoria), un esempio di architettura razionalista realizzato a Roma dall’architetto Luigi Moretti nel 1933. Questo luogo, d’ora in poi, verrà utilizzato dalla Regione Lazio come spazio culturale polivalente. I fotografi coinvolti nella rassegna collettiva che inaugurerà il 16 marzo presso l’Ex GIL sono i più noti Luca Campigotto, Xavier Ribas, Raphaël Dallaporta e Guy Tillim cui saranno affiancati alcuni altri autori provenienti dal ‘vivaio produttivo’ di FotoGrafia: Giuliano Matteucci, Angelo Antolino e Luca Nostri. L’intento dichiarato è quello di favorire il dialogo e il confronto tra autori maggiormente affermati ed emergenti. Per quanto riguarda poi l’elemento di unione delle sette proposte questo sarà, secondo gli organizzatori, una visione del paesaggio laziale, oscillante tra il reportage ed espressioni di arte contemporanea, tendente a far emergere il valore e la ricchezza delle attrattive turistiche della regione Lazio, in particolare quelle situate tra la Sabina e il litorale. Si tratterà, evidentemente, di un’iniziativa che avrà una connotazione anche promozionale, senza con questo voler necessariamente leggere in negativo simili iniziative capaci di coniugare e far convergere utilmente e simultaneamente istanze diverse in occasione di un’importante rassegna internazionale; a patto, ovviamente, che non emergano eventuali elementi “inquinanti”. Tra i lavori proposti all’Ex GIL sembrano connotarsi di un particolare interesse quelli realizzati da Guy Tillim e Luca Campigotto. Il primo, Guy Tillim, è un fotoreporter di origini sudafricane che, a distanza di più di settecento anni, ripercorre parte dell’area reatina sulle tracce del “Cammino di San Francesco”, cercando di rievocare, come dichiarato, più che il percorso del santo quello dell’uomo, sebbene non sarebbe stato probabilmente un male offrire altrettanto spazio anche all’altro cammino. Amplificherà ulteriormente questo singolare percorso la preferenza per il bianco e nero, piuttosto che del colore. Il secondo, Luca Campigotto, dopo la suggestiva ricerca dello scorso anno dedicata ai luoghi fortificati della Grande Guerra, è andato nell’arcipelago pontino alla ricerca dei segni di altre guerre passate, compresi quelli relativi a “teatri di detenzioni collettive”. Appare interessante, inoltre, anche l’evoluzione che il progetto “Lazio, Terra” avrà, come annunciato, in futuro, intendendosi infatti rafforzare il connubio tra fotografia e territorio attraverso la realizzazione annunciata di una summer school a Vulci.
Oltre a “Lazio, Terra”, il programma di FotoGrafia è stato ampliato con altri due nuovi progetti: il ‘Mese Europeo della Fotografia’, di cui il Festival fa parte assieme ad altre 6 capitali europee e il Primo Premio Internazionale FotoGrafia. Per entrambe le iniziative è previsto il sostegno di sponsor privati.
Per quel che concerne invece il nucleo “centrale” del Festival esso è stato ideato, come di consueto, con il contributo offerto dalle mostre principali presentate in alcuni tra i più suggestivi spazi espositivi del sistema museale ‘Musei in Comune’. Tra questi, sono stati segnalati: il Museo di Roma Palazzo Braschi, il Museo di Roma in Trastevere e, da quest’anno, il Museo dell’Ara Pacis e il Museo Carlo Bigotti. Senza poi dimenticare, come in passato, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Museo Hendrick Cristian Andersen, la Sala Santa Rita e il Tempio di Adriano. E’ stato previsto, inoltre, un circuito di mostre composto da oltre cento tra gallerie d’arte, tra cui VM21, LipanjePuntin, Studio Trisorio e Sala1 e istituti stranieri di cultura, tra cui l’Istituto Svizzero, la British School at Rome, l’Istituto Polacco, l’Accademia di Romania, il Goethe Institute e l’IILA (Istituto Italo-Latino Americano). Come è avvenuto nelle edizioni precedenti, agli spazi istituzionali sono stati aggiunti, in varie zone della Capitale, ulteriori luoghi di aggregazione quali: librerie, caffè, locali e centri sociali. Tra questi spazi, attivi anche nel sostegno di nuove tendenze e figure autoriali, sono stati segnalati: lo Spazio Fare e le librerie Odradek, Bibli e Bar à book.
E’ risultato interessante notare, inoltre, la riconferma di una sezione del programma dedicata ad eventi, letture di portfolio, workshop, proiezioni ed incontri rivolti alla realizzazione di un progetto ambizioso: realizzare un vero e proprio censimento della fotografia italiana. Sarà interessante vedere quali saranno gli sviluppi di un simile progetto. Parte di queste iniziative saranno ospitate alla Foresteria, uno spazio gestito da Zoneattive situato all’interno del parco della Casa del Jazz romana.
Pensato poi come un “corollario”, sebbene possa risultare discutibile parlare di una semplice appendice pensando ad un medium onnipresente quale è ormai divenuta la rete, è stata prevista una sezione on line di FotoGrafia rivolta a community quali: myspace.com, che ospita uno spazio dedicato al Festival, e a Flickr.com all’interno della quale FotoGrafia promuove il concorso “Confini/Boundaries” e, non ultima, Repubblica.it. Quest’ultima, ha peraltro avviato anche un’interessante raccolta di immagini inviate dai lettori – non proprio felicemente definiti, nel comunicato stampa di FotoGrafia, “gente comune” – che saranno poi utilizzate per realizzare una selezione da proporre nel corso del Festival nella sede del Museo di Roma in Trastevere. In contrapposizione a questa sezione espositiva è previsto, sempre in quella sede, l’avvio di una delle iniziative espositive cui viene attribuita maggior enfasi da parte degli organizzatori del Festival, ovvero “E’ il ‘77”, curata da Marco Delogu e Giovanna Calvenzi. La mostra sarà dedicata, secondo quanto annunciato, alle immagini di fotografi (tra i protagonisti della mostra, vi sarà Tano D’Amico) “che hanno testimoniato un momento di svolta della nostra società, portando alla luce le sue istanze contraddittorie, tra un’anima creativa, ludica e desiderosa di cambiamenti e il diffondersi devastante di una violenza inarrestabile”. Sarebbe stato auspicabile, in occasione della prima informativa sul Festival, poter conoscere anticipatamente e più nel dettaglio quali sono stati i criteri e la metodologia adottati per la relativa selezione delle immagini fotografiche sia degli uni (i meno noti) che degli altri (i più conosciuti). Per quanto ovvio, restando in tema, può essere utile sottolineare ancora una volta quanto siano importanti, al pari di quelle degli autori più noti, anche le immagini ideate e prodotte dalla summenzionata “gente comune”. La ragione è semplice: questa sterminata e ininterrotta produzione è, indiscutibilmente, una delle espressioni più autentiche della fotografia. Essa, infatti, esprime un patrimonio di interrelazioni simboliche ancora in parte poco esplorato alle quali praticamente ogni “multividuo” continua a fare riferimento per la configurazione di una sua visione del mondo (naturale e sociale) sia a livello di singolo che di collettività, non ultimo anche per contribuire alla costruzione delle proprie regole sociali di riferimento. La “fotografia di famiglia”, per richiamare un esempio tanto noto quanto altrettanto trascurato, può essere citata come una delle rappresentazioni più emblematiche di quanto è stato appena affermato.
Tornando nuovamente al Festival, è stato annunciato che negli spazi del Museo di Roma in Trastevere, divenuto ormai un luogo espositivo simbolo in ambito capitolino, è inoltre prevista la collettiva “Altri Mondi”, curata da Renata Ferri. L’iniziativa, che vedrà proposti interessati autori come Roberto Koch, Fabio Ponzio, Angelo R. Buretta, Francesco Zizola, Riccardo Venturi e Paolo Pellegrin è stata però presentata richiamando un “percorso artistico” che questi “punti di riferimento del fotogiornalismo italiano” avrebbero effettuato nel corso degli ultimi decenni. Non sembra quindi molto chiaro, riguardo ancora ad “Altri Mondi”, quale sia la relazione tra il “percorso artistico” degli autori citati, di norma plausibilmente interpretativo, e il contributo degli stessi al “fotogiornalismo” che, viceversa, dovrebbe prioritariamente ispirarsi a criteri di oggettività, per lo meno in teoria. Continuando, è stato segnalato che questi fotografi saranno affiancati anche da tre giovani autori, tra cui Massimo Berruti e Davide Monteleone vincitori del premio World Press Photo in programma a maggio, come di consueto, sempre nello stesso museo trasteverino.
Proseguendo ancora, l’autrice scelta quest’anno per la realizzazione di un lavoro dedicato alla città di Roma, dopo Josef Koudelka, Olivo Barbieri, Anders Petersen e Martin Parr è stata la fotografa messicana Graciela Iturbide, una delle più importanti espressioni della fotografia internazionale. Per Graciela Iturbide il 2007 si presenta come un anno importante sul fronte dei riconoscimenti, con la previsione di una grande mostra al Getty Museum di Los Angeles e la  stampa di un suo volume retrospettivo.
Da segnalare, presso il Museo dell’Ara Pacis, una produzione recente di Antonio Biasiucci, curata da Giuseppe Prode, riguardante gli Ex-voto, quale ultima tappa del percorso “dalla Genesi alla Catarsi”. Condividerà lo spazio progettato da Richard Meyer, la mostra “Ereditare il paesaggio”, curata da Maddalena D’Alfonso e Giovanna Calvenzi. Questa iniziativa è stata immaginata come un confronto tra sette noti fotografi (Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Giovanni Chiaramonte, Guido Guidi, Mimmo Jodice e Massimo Vitali) che hanno dato un loro significativo contribuito ai canoni della ricerca estetica sul paesaggio con dei loro possibili “eredi”.
Curate sempre da Giovanna Calvenzi, si segnalano inoltre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, due importanti produzioni di FotoGrafia. La prima, è un viaggio nel mondo degli affetti familiari ad opera di Moira Ricci, intitolata  :”20.12.53-10.08-04″ . La seconda, intitolata “Viaggio nella memoria” è stata realizzata da Paolo Ventura ed è dedicata ad “una meticolosa messa in scena” di un “verosimile ricordo” delle città italiane negli Anni Cinquanta.
Nel polo espositivo di Villa Borghese, al Museo Carlo Bilotti, FotoGrafia presenterà uno sguardo sulla realtà internazionale con la mostra “Mutations 1”, con la proposta dei lavori dei finalisti della prima edizione del Mese Europeo della Fotografia con il sostegno di uno sponsor privato: Philippe Ramette, Beate Gutschow, Marek Kvetan, Nina Dich, AES+F,Elisabeth & Carine Krecke’ e l’italiana Eva Frapiccini.
Si segnala come ultima, ma solo in ordine di elencazione, l’importante presenza torinese annunciata per il Festival con lo sbarco a Roma della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte che presenterà la sua collezione di fotografia storica, curata da Francesca Bonetti.
Anche quest’anno, per concludere, sembra però consolidarsi una tendenza infelice: la non ampia evidenza, intanto in termini di visibilità iniziale, delle iniziative “minori”, soltanto accennate nel programma del Festival sino ad ora reso noto. Può risultare valido anche in questo caso quanto si è già detto in precedenza per le “fotografie di famiglia”, ovvero che probabilmente attraverso queste “sorellastre” può essere possibile realizzare una lettura più vicina alla reale entità di un ambito espressivo così peculiare quale è la fotografia. La storia di qualsiasi media infatti si arricchisce spesso anche grazie alla stratificazione degli interventi di tanti “piccoli” protagonisti meno noti. I protagonisti “maggiori”, si potrebbe aggiungere anche a costo di sottolineare un’altra apparente ovvietà che tale purtroppo non sembra essere almeno per molti, non sono mai le uniche espressioni di un fenomeno. Nell’ombra, non senza qualche sacrificio, tante figure “secondarie” contribuiscono all’evoluzione del percorso del medium prescelto quale strumento occasionale o privilegiato di espressione. Lo fanno talvolta anche nell’anonimato e nella semplicità del quotidiano, tra e più vicino alla gente rispetto a molte “cattedrali” tanto fredde quanto lontane dalla summenzionata “gente comune”. Le “figliastre”, quindi, hanno non di rado pagato con una ridotta visibilità l’investimento di risorse prioritariamente rivolto agli eventi “maggiori”. In questa “periferia” può e deve essere individuata e maggiormente sostenuta e indagata una frazione di rilievo dell’anima più autentica della fotografia, così come di altri media.
Buon Festival a tutti, comunque.

La “Questione italiana” al Festival di Roma FotoGrafiaultima modifica: 2007-03-23T16:30:00+01:00da
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