Fotografia, comunicazione, media e società

La corsa per l’Eliseo

Tra le fotografie delle presidenziali francesi 2007
di Gerardo Regnani
gerardo.regnani@gmail.com
15/04/2007

Nella campagna elettorale per l’elezione del futuro Presidente della Repubblica francese le fotografie sembrano giocare un ruolo non secondario confermando, ancora una volta, la forza del “discorso” che possono veicolare. Lo rievocano, nel testo che segue, alcune emblematiche iniziative che vedono la fotografia come protagonista.
Il 22 aprile e il 6 maggio 2007 sono le date fissate per il primo e il secondo turno delle votazioni per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica francese che prenderà il posto dell’uscente Jacques Chirac.
I candidati che hanno avuto le firme necessarie (almeno 500, da parte di amministratori e sindaci) per poter partecipare alla corsa per l’Eliseo sono 12, il 20% in meno della precedente tornata (nel 2002 i candidati furono 16). Gli attuali candidati, in ordine alfabetico, sono:
– François Bayrou (UDF, Unione democratici francesi, centrista)
– Olivier Besancenot (LCR, Lega comunista rivoluzionaria)
– José Bové (leader noglobal)
– Marie-George Buffet (PCF, Partito comunista francese)
– Arlette Laguiller (LO, Lotta operaia)
– Jean-Marie Le Pen (FN, Fronte nazionale, estrema destra)
– Frédéric Nihous (Caccia, pesca, natura e tradizioni)
– Ségolène Royal (PS, Partito Socialista)
– Nicolas Sarkozy (UMP, Unione per un movimento popolare, centro destra)
– Gérard Schivardi (“candidato dei sindaci”, sostenuto dal Partito dei Lavoratori)
– Philippe de Villiers (Movimento per la Francia, nazionalista)
– Dominique Voynet (Verdi)

Secondo una proiezione diffusa dall’Ansa, che si rifà al barometro Tns-Sofres de “Le Figaro” sarebbero in discesa le quotazioni di Nicolas Sarkozy e di Ségolène Royal. Viceversa, sarebbero in ascesa quelle di François Bayrou e di Jean-Marie Le Pen. Al primo turno l’ex ministro dell’interno Sarkozy, potrebbe comunque rivelarsi il candidato maggiormente votato, con il 28% (-2%), seguito dalla candidata socialista Royal che si piazzerebbe al 23,5% (-3,5%). Il presidente dell’Udf Bayrou salirebbe al 20% (+2%), mentre il presidente del Fronte Nazionale Le Pen si attesterebbe al 13% (+1%). Al secondo turno Sarkozy dovrebbe poi superare la Royal, con il 54% dei voti contro il 46% della candidata socialista, ma potrebbe soccombere nell’eventuale confronto con Bayrou, attestandosi al 48%, insufficiente rispetto al 52% che invece otterrebbe l’altro contendente.
Il panorama delle previsioni, anche nei giorni seguenti, ha continuato ad essere caratterizzato da una diffusa incertezza circa le reali intenzioni future dell’elettorato. Almeno il 42% degli aventi diritto al voto (circa 18 milioni di persone) rimarrebbe incerto sul candidato da votare. Questo, infatti, è il quadro che emerge da un’altra nota dell’Ansa del 10 aprile 2007 che si rifà ad un sondaggio dell’istituto “Csa” commissionato dal quotidiano “Le Parisien”.
Per quel che concerne poi la rete, medium sempre più strategico anche in campagna elettorale, un altro sondaggio pubblicato sul sito de “L’Express” (ripreso l’11/4/07) ha indicato con le  seguenti percentuali i candidati più convincenti nel web: 18% per Sarkozy, 10% per Royal, 9% per Bayrou e 2% per Le Pen.
Sempre in rete, per quel che concerne specificatamente il fronte delle immagini questa volta, da una ricerca effettuata il 12/4/07, nella fascia oraria 11.30-12.00, è emerso che le immagini del candidato che risulterebbero maggiormente presenti nel web sono quelle di Nicolas Sarkozy, con ben 134.000 link collegati, seguite da quelle relative a  Ségolène Royal, attestatesi a 103.000. A quote decisamente inferiori, si collocano tutti gli altri candidati, come ben evidenzia il grafico riepilogativo qui unito. Questi dati, per quanto vadano interpretati con le dovute cautele, potrebbero peraltro rivelarsi degli utili indicatori degli ipotizzabili rapporti di forza esistenti tra i diversi candidati alla Presidenza della Repubblica oltre ad essere, nel contempo, anche delle possibili tracce delle “élite” che verosimilmente li sostengono. Tra le plausibili motivazioni a sostegno di questa supposizione, si può pensare, tra l’altro, alle probabili correlazioni dei relativi link con eventuali “centri d’influenza” capaci di esprimere il loro influsso anche, ma non solo, attraverso collegamenti ipertestuali presenti nel web. Sarà la consultazione elettorale vera e propria, in ogni caso, a fornire una risposta concreta a questa ipotesi.

La carrellata dei riferimenti potrebbe ovviamente essere ulteriormente arricchita ma permarrebbe, tuttavia, la dimensione di incertezza che ancora domina questa competizione.
Unica certezza in questo contesto così indeterminato, sembrerebbe quindi essere il primato delle immagini e, non ultimo, quello della fotografia in particolare. Ne sono una valida testimonianza, ora che la campagna è entrata effettivamente nel vivo, anche le affiche ufficiali diffuse dai dodici principali candidati, così come quelle presenti nella mostra “Je m’voyais déjà” in corso al Passage de Retz, rue Charlot (3° Arrondissement), sino al 13 maggio 2007.
Cominciando da quest’ultima occorre innanzitutto notare come la scelta del periodo sia risultata vincente in quanto capace di sfruttare il “rinforzo” derivante dalla contingente campagna elettorale. A partire da quello (non fotografico) del 1848 dedicato a Napoleone III, il panorama dei manifesti elettorali presentati nell’ambito della mostra “Je m’voyais déjà”, che prende il titolo da un classico di Charles Aznavour, offre, secondo l'”Express” on line del 22 marzo 2007, uno sguardo sullo stile, gli slogan e le promesse elettorali dei diversi candidati alla Presidenza della Repubblica francese nel corso del tempo. Le affiche proposte, come ha scritto Attilio Geroni su “Domenica” dell’8 aprile 2007, l’inserto settimanale de “Il Sole 24 Ore”, non riguardano solo i personaggi maggiori ma diverse figure intermedie che all’epoca avevano sviluppato una certa popolarità, non disgiunta ad un vero e proprio culto della personalità (il re, il tribuno, ecc.). Questi manifesti si rivelano inoltre degli utili indicatori anche riguardo al sostrato culturale e tecnologico del momento. Un adeguato esempio lo offrono le affiche elettorali della metà degli anni Sessanta del Novecento che, in analogia con il panorama visuale offerto dal medium televisivo, furono realizzate in bianco e nero. Non è, comunque, l’unico caso di riprese in bianco e nero. Viene proposta, infatti, anche un’immagine fotografica di Le Pen che, per il secondo turno delle elezioni presidenziali del 2002, si era fatto ritrarre con il volto abbronzato e l’espressione sorridente. Tra i manifesti proposti ve ne è anche uno realizzato da uno dei grandi nomi della fotografia internazionale, lo scomparso Helmut Newton. L’immagine, un ritratto dell’attuale Presidente uscente Jacques Chirac con gli occhiali, intendeva rinviare all’idea di una figura ideale per la carica di Presidente della Repubblica sia per le sue capacità professionali sia per la sua competenza.
Si tratta, dagli elementi sottolineati dagli organi di stampa, di un quadro comunque variegato che, come già detto, ha avuto come caratteristica aggiuntiva anche la capacità di essere indice di un humus culturale contingente.
Tra gli elementi caratteristici di questa raccolta, Geroni ha rilevato, tra l’altro, anche una sorta di cortocircuito delle rappresentazioni ideologiche, con ambiti politici che hanno invaso e si sono appropriati di elementi semantici importanti appartenenti tradizionalmente all’universo simbolico degli antagonisti e viceversa. Ne deriva, conseguentemente, un quadro d’insieme caratterizzato da una significativa varietà di espressioni simboliche.
Altrettanto variegato, ancorché comprensibilmente in questo caso trattandosi di figure diverse, con una storia ed una provenienza politica eterogenea e non di una squadra (cfr. nell’archivio di Mediazone, a proposito di “squadre”, l’articolo intitolato: “Una ‘fotografia’ del Governo“), si presenta anche l’insieme delle dodici immagini fotografiche presenti nelle affiche ufficiali dei principali candidati alla presidenza francese.
Volendo analizzare molto brevemente ciascun ritratto a livello unicamente estetico è possibile, preliminarmente, individuare un elemento comune: l’assenza di alcuni specifici simboli capaci di richiamare nel potenziale elettore l’idea della futura carica che il protagonista dell’immagine andrebbe eventualmente a ricoprire, quale potrebbe essere, ad esempio, il tricolore francese. Sono quattro, in ogni caso, le tipologie di ritratti presenti nella rassegna delle affiche ufficiali dei candidati alla Presidenza della Repubblica francese. Sono stati individuati, infatti: il “primo piano” (comprendente solo il viso), il “mezzo primo piano” (che inquadra testa e spalle), il tradizionale “mezzo busto” (che riprende dal volto alla “cintura”) e il cosiddetto “piano americano” (quando il soggetto è inquadrato sino all’altezza delle “fondine”, come nei classici film western). Al primo posto si rilevano 7 “mezzi primi piani”,  corrispondenti al 58,33% del totale (12), seguiti da 2 “mezzi busti” e da altrettanti interessanti “primi piani”, equivalenti al 16,67% ciascuno e, in coda, un “piano americano”, pari all’8,33%. Le immagini raffiguranti donne sono solo 4, pur rappresentando una vera novità per questa tornata elettorale, raggiungendo il 33,33%. Tra questi vi è anche un manifesto realizzato prevalentemente in bianco e nero. La figura ritratta in quest’ultima affiche, che è anche quella della donna che al momento sembra raccogliere maggiori consensi rispetto alle altre antagoniste, è quella dedicata a Ségolène Royal.
E a proposito di figure, prima di proseguire, paiono comunque pertinenti, sebbene scritte a corredo di una mostra con ben altro tipo di soggetti (luoghi, paesaggi) le riflessioni di Giorgia Fiorio, ospite, in questi giorni, di FotoGrafia, il Festival Internazionale di Roma, edizione 2007.
La figura, ricorda l’autrice torinese, è un aspetto tangibile di taluni fenomeni, capace peraltro di rinviare a qualcosa di differente, posto altrove. La fotografia, e in particolare l’immagine di un ritratto si potrebbe aggiungere, è emblematica al riguardo. Essa non è una riproduzione esatta della realtà, bensì una rappresentazione di questa che l’autore – mai del tutto immune, volendo ulteriormente integrare, dai “condizionamenti” rivenienti dalla dimensione culturale, inclusa quella afferente la sfera tecnica, connessa con l’azione stessa del fotografare – richiama e traspone nel “suo” linguaggio fotografico. Giorgia Fiorio riprende e consolida ulteriormente il tema in discorso aggiungendo che: “La fotografia è anch’essa una figura, la rappresentazione di un immaginario antecedente che trascende la contingenza del reale. In questo senso le fotografie non sono mai risposte, ma ognuna singolarmente una domanda posta a chiunque la guardi, posta in fin dei conti, all’autore da sé stesso”.
Tra gli intenti del testo che segue vi è anche quello di tentare di delineare sinteticamente almeno alcune di queste ipotetiche risposte e talune impressioni che sembrano poter emergere dai manifesti elettorali in argomento, oltre ad altre che, ovviamente, ognuno potrebbe eventualmente ed autonomamente aggiungere.
Preliminarmente, occorre precisare che l’insieme dei ritratti in argomento è disponibile sul sito de “L’Express”.
Iniziando, quindi, dalla tipologia più numerosa dei “mezzi primi piani” e soffermandosi solo sugli aspetti estetici, il primo ritratto preso in esame, in ordine alfabetico, è quello relativo a François Bayrou. Il soggetto ripreso occupa buona parte della sezione laterale dell’immagine lasciando intravedere solo sul lato opposto una piccola frazione di paesaggio (probabilmente finto) posto sullo sfondo di un tenue cielo azzurro. E’ un classico ritratto dai toni morbidi in cui Bayrou, abbigliato in giacca e cravatta, ha un’espressione seria ma serena e guarda dritto in macchina mostrando, nel contempo, anche entrambe le mani unite con la sinistra in evidenza ove si distingue, plausibilmente non a caso, la “fede” nuziale, con tutti i rimandi che un tale simbolo può avere a livello antropologico, sociologico, ecc. Alla base dell’immagine una scritta bianca su fondo scuro con il nome e cognome del candidato e, subito sotto, il suo slogan, sempre in bianco ma su uno sfondo arancione. Si tratta, nel complesso, di un ritratto intenso ma equilibrato che ispira “solidità”, ordine e tradizione, aspetti questi che rinviano, nella composizione formale del ritratto, anche alla “regola aurea” (un caso?). La fotografia conta inoltre su un invisibile diagonale che sembra segnare e dare ulteriore equilibrio alla raffigurazione. L’idea di solidità della rappresentazione visuale è poi rafforzata anche dal triangolo che idealmente formano le braccia del soggetto ritratto con la base sulla quale sono probabilmente appoggiate. Altro elemento di forza, un vero e proprio punto di convergenza anche prospettica, sono gli occhi del raffigurato che, grazie anche alla apparente fotogenia del protagonista dell’immagine, paiono letteralmente “bucare” l’immagine e porsi efficacemente in relazione con l’osservatore (funzione fática).
Leggermente più affollato, ma di minor efficacia apparente sembra invece il ritratto di Olivier Besancenot. La testa del soggetto, che guarda dritto in macchina e accenna un sorriso non proprio spontaneo, occupa meno spazio nell’inquadratura rispetto al ritratto precedentemente analizzato e pare peraltro oppressa sotto il “peso” del suo cognome, scritto con caratteri cubitali dal bordo rosso e di una densa tonalità di giallo scelta, verosimilmente, perché abbinabile allo sfondo chiaro della fotografia che lo ritrae. Il soggetto ripreso mostra inoltre un abbigliamento casual, apparentemente poco significante essendo parzialmente coperto in basso dal suo slogan. La scritta è stata inserita con una leggere inclinazione verso l’alto probabilmente per dare un senso di movimento all’immagine che, comunque, pare porsi come un’immagine ordinaria, di una persona qualsiasi e nel contesto di una raffigurazione (volutamente?) non eccessivamente curata. Sembra rimarcare questa tendenza anche la posizione non proprio equilibrata del soggetto, che, in questo caso, pare giocare un suo ruolo specifico nell’impressione complessiva dell’immagine sull’osservatore.
Più efficace cromaticamente sembra invece essere la fotografia che ritrae Marie-George Buffet, caratterizzata da un vivace rosso – che rinvia, ovviamente, alla formazione politica di appartenenza – che invade completamente l’immagine, interrotto solo dal bianco dello sfondo o delle scritte che compaiono sotto e di fianco al soggetto e da una sottile banda arcobaleno che richiama i colori dell’ormai celeberrima bandiera della pace. L’attenzione alla dimensione cromatica del ritratto si nota, inoltre, anche osservando la corrispondenza del colore degli occhi della protagonista con l’indumento indossato dalla stessa; del medesimo colore è anche un collier che si vede nella foto. L’immagine, nonostante il soggetto occupi soltanto una parte dell’immagine, appare più equilibrata rispetto alla precedente, grazie anche alla presenza laterale di un ulteriore slogan leggermente inclinato e con caratteri in parte in grassetto.
Equilibrato nell’insieme della sua composizione formale e apparentemente anch’esso ordinario sembra anche il ritratto dedicato a Frédéric Nihous. L’immagine si distingue però da quelle osservate sino ad ora per una maggiore e verosimilmente reale presenza dell’ambiente esterno (una boscaglia) posto sullo sfondo alle spalle del protagonista. Questo elemento simbolico, tenuto conto la formazione politica da cui lo stesso proviene, è inoltre in sintonia sia con la sigla di colore azzurro posta sopra il soggetto sia con lo slogan di colore giallo apposto nella parte bassa dell’immagine, subito sopra il nome e cognome del candidato.
Più affollata delle altre, anche cromaticamente (con bande colorate di vario colore: lilla, verde, giallo e rosso), è invece l’affiche di Gérard Schivardi. Il manifesto, infatti, è stato composto dando prevalenza alla parte scritta relegando l’immagine del candidato ad un piccolo quanto visibilmente poco espressivo ritaglio laterale. In essa il protagonista appare raffigurato in una classico “scatto” da istantanea, senza apparenti particolari attenzioni alla costruzione formale della ripresa, peraltro inserita leggermente di sbieco forse per “movimentare” un po’ un’affiche altrimenti in apparenza molto statica.
Il manifesto di Philippe de Villiers richiama il primo ritratto esaminato (François Bayrou), per alcuni elementi formali e per l’impatto visivo complessivo. Questi elementi sono lo sfondo celeste, l’abbigliamento formale con abito scuro, camicia e cravatta in tinta con lo sfondo e la collocazione del nome, cognome (scritta bianca) e dello slogan su fondo arancione in basso A differenza dell’altro, benché anche de Villiers sia rivolto verso l’autore della ripresa, il protagonista è però posto al centro dell’immagine, con la testa leggermente inclinata verso destra. L’espressione del volto, inoltre, è decisamente meno austera di quella di Bayrou.
Sorride decisamente anche Dominique Voynet in primo piano su un vistoso fondale verde che è stato scelto insieme ad una parziale raffigurazione del globo terrestre quale sfondo del suo ritratto. Si staglia su questo fondo anche l’indumento violaceo che indossa l’interessata sul quale risalta la scritta bianca dello slogan scelto per la sua campagna.
Nei due ritratti a “piano americano”, assolutamente casuale sembra invece l’istantanea apparentemente “rubata” contenente il ritratto di José Bové. E’ l’unico soggetto, infatti, che non sembra consapevole del fatto di essere stato ripreso. Nell’immagine il protagonista è raffigurato in un abbigliamento semplice e informale, mescolato tra diversi altri soggetti in un ambiente che ricorda un contesto urbano. Questi risultano, per effetto del probabile uso di un teleobiettivo, tutti sfuocati. Il protagonista, inoltre, è illuminato frontalmente dalla “calda” atmosfera (in termini di gradi Kelvin, ovvero di “temperatura di colore”) di una luce da ore non centrali del giorno. Questa luce lo “investe” in pieno frontalmente mentre si dirige verso il bordo dell’inquadratura, con l’espressione sorridente di chi è diretto verso una meta ambita finalmente raggiunta. Sicuramente, nella sua apparente lineare semplicità, una ripresa di una certa efficacia. Sovrastano il protagonista, senza apparire pesanti, sia il relativo nome e cognome sia una prima scritta bianca e gialla, integrata da un altro slogan posto alla base dell’immagine su un fondo di colore azzurro.
Nel secondo “piano americano” rilevato, dedicato a Jean-Marie Le Pen, lo stesso è stato “bloccato” mentre mima un’espressione enfatica nella quale il protagonista, che indossa un doppio petto grigio “gessato”, è proteso con il corpo e, ancor di più, con un braccio sinistro verso un ideale insieme di osservatori esterni, ovvero i suoi potenziali elettori. Alle spalle del protagonista, avvolto da un indistinto fuori fuoco, vi è infatti un’ipotetica rappresentazione di questo elettorato. Essendo poi l’unica immagine che evoca un moto è anche una sorta di meta-immagine che riflette, probabilmente andando al di là delle reali intenzioni del suo autore, sulla dimensione tradizionalmente statica della fotografia. La fotografia ricorda peraltro anche certe pose “aeree”, simulate, caratteristiche dei tempi in cui la rapidità delle emulsioni fotografiche non era sufficientemente elevata tanto da poter consentire di “congelare” agevolmente l’evoluzione di un (s)oggetto in movimento.
L’unico ritratto a “mezzo busto” riscontrato è quello di Nicolas Sarkozy, anch’egli ritratto con indosso un “gessato”, più scuro nel suo caso in confronto a quello indossato da Le Pen. L’immagine, sul piano formale, presenta delle analogie con quelle di de Villiers e Bayrou. Il protagonista infatti, pur nella differente posa rispetto alle immagini degli altri due candidati appena citati, si presenta abbigliato e in uno scenario, anche cromatico, che lo rendono a questi ritratti affine. Tuttavia, differisce da questi, oltre che, come detto, per la posa, anche per la presenza di un particolare solo apparentemente secondario ovvero indossa una giacca sbottonata. Questo particolare, apparentemente insignificante, sembra invece rappresentare un elemento di differenziazione rispetto agli altri candidati vestiti in modo analogo. In altri termini, pare sommessamente evocare un atteggiamento non estremamente rigido e inquadrato della persona ritratta.
I restanti ritratti ancora da esaminare, due “primi piani”, sono caratterizzati da un’estrema diversità.
Il primo dei due, quello Arlette Laguiller, volendo probabilmente richiamare certe caratteristiche formali delle tradizionali affissioni murali di taluni contesti dell’Est, i cosiddetti “dazibao”, vede decisamente prevalere il testo scritto su quello visuale (a colori), cui è riservata solo una frazione ridotta dello spazio disponibile. La protagonista, inoltre, è stata ritratta in un’espressione apparentemente priva di particolari connotazioni simboliche, per quanto non risulti irrilevante il fatto che l’emivolto mostrato è quello destro (cfr. nuovamente, nell’archivio di Mediazione, il già citato articolo intitolato: “Una ‘fotografia’ del Governo“). La prevalenza del volto, rispetto alle restanti parti del corpo del protagonista, rinvia inoltre ad altre riflessioni già espresse precedentemente (cfr., sempre nell’archivio di Mediazone, anche l’articolo dal titolo: “Volti e media. Comunicazione e salienza del ritratto fotografico“).
Analoghe considerazioni possono essere fatte anche con riferimento all’ultimo dei ritratti in discorso, quello dedicato a Ségolène Royal, ancorché l’emiciclo facciale offerto alla visione, nonostante un’estrazione politica non proprio antitetica a Laguiller, sia proprio quello opposto, ovvero il sinistro. Diverso, per la candidata socialista, è anche l’impianto complessivo del ritratto, pur trattandosi sempre di un “primo piano”. Il ritratto, infatti, anziché essere a colori come tutti gli altri è, come già anticipato, in bianco e nero, escluse due bande rosse contenenti del testo. Si tratta di un ritratto di particolare intensità, ove la protagonista appare anche “ringiovanita” rispetto alle tante altre immagini di reportage che la vedono raffigurata. Ancor più di quanto sembra succedere nel caso del ritratto di Bayrou, lo sguardo della protagonista sembra “intercettare” e “bloccare” quello dell’osservatore, istaurando un dialogo che, non è da escludere, risente del fascino (per lo meno nei confronti del pubblico maschile) che inevitabilmente l’immagine sembra alimentare rinviando ad una dimensione emotiva “esterna” alla fotografia stessa.

Detto ciò, sarebbe infine interessante analizzare, potendo disporre del tempo e degli strumenti d’indagine adatti, i reali riflessi che queste immagini hanno effettivamente avuto sull’elettorato nell’orientarne concretamente la scelta per il voto. Ma questa è un’altra storia che, speriamo, trovi spazi e risorse adeguati. Nel frattempo, buona sfida a tutti.

La corsa per l’Eliseoultima modifica: 2007-04-16T15:55:00+02:00da
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