Fotografia, comunicazione, media e società

Eduard Olivella. percorso

Recensione di G. Regnani, intitolata "percorso", dedicata alle opere di Eduard Olivella

Eduard Olivella. percorso

di G. Regnani

gerardo.regnani@gmail.com

scorre un numero di Nexus1 di qualche tempo fa.

ospite tra gli altri, Eduard Olivella, particolare figura catalana immersa nell’universo della fotografia contemporanea, a cavallo tra ricerca personale e committenza. là, nel grembo della “Grande Barcellona”. sì, grande appunto, anche per il processo che, nel corso del tempo, ha contribuito al suo ampliamento attraverso l’accorpamento delle realtà locali limitrofe. e da quelle pagine di Nexus riecheggia il ricordo di un incontro, di una traccia recente.

è sera a Barcellona, alle pendici del Tibidabo, l’altura principale della città, dallo studio di Olivella si scorge un ampio scorcio del brulichio notturno del capoluogo catalano. è fresco, un fresco di fine estate, un accenno d’inverno, in un autunno limpido e mite.

è appena rientrato da una docenza tenuta fuori città di cui racconta qualche sprazzo ed è già proteso in una narrazione, quella della sua esistenza, di una vita in bilico tra scienza ed arte. i suoi primi anni di attività, e ancor prima, i suoi trascorsi di adolescente, che non lo rivelano certo figlio d’arte, lo hanno condotto, col trascorrere del tempo, ad una concentrazione di interessi verso un’analisi, inizialmente forse meno cosciente, dei fenomeni e delle figure inerenti l’area artistica, dalla documentazione delle espressioni concettuali, a lui per certi versi contemporanee, sino ad attività indirizzate al reportage in ambito musicale. tracce queste, nei suoi archivi, fonte preziosa per storici e critici, della cui importanza solo più recentemente ha concretamente valutato l’entità.

tracce, dunque, di un trascorso, diversificato e favoleggiante per certi aspetti, di cui segmenti significativi sono stati l’impegno presso un’istituzione museale, il suo primo vero e proprio lavoro, la successiva attività di fotografo ufficiale del locale e bellissimo Palazzo della Musica, gli anni vissuti nell’affascinante cornice del Barri Gotic, a ridosso della Cattedrale.

nel corso degli anni, poi, si è sviluppata una certa vena intimista, tesa a narrare, testimoniare la selva dell’universo personale, anche nei suoi piccoli antri privati. e Eduard Olivella, come gli è congeniale, per narrare di questa visione intimista, di questo suo continuo intreccio tra quotidiano e profondità interiore, costruisce, recita aneddoti, qui come già avvenne ad Arles l’estate scorsa.2 e narra, in particolare, di un piccolo giardino, lì sotto il Tibidabo, accanto al suo studio dove, per anni, sono cresciute serene quelle “sue” piccole e straordinarie opere della natura che tutti conosciamo con il nome di calle. una volta recisi, prima di seguire il loro naturale  destino, i fiori vivevano spesso un primo attimo di effimera immortalità, attraverso la nascita di immagini caratterizzate da una progressione altalenante tra iconografia classica e ricerca, anche se realizzate con finalità ancora non perfettamente delineate.

e, tra queste, alcune, nella loro impostazione formale, quasi tradivano l’incombere di un qualcosa di non positivo.

un inverno, poi, con le sue particolari condizioni meteorologiche, rivelò quel presagio quasi annunciato.

rivissero allora, e solo allora, con un evidente propensione tesa a far rinascere quei fiori uccisi dal freddo, quelle inconsapevoli riprese, il frutto di quell’impegno inconscio.

notevolmente intrise di una nuova e più intensa coscienza appaiono, invece, anche ai suoi occhi, le sue opere successive. protagonista, in questa fase, è anche la consapevolezza di chi come lui, nato nel 1948, sente avvicinarsi un’età in cui, solitamente, si prefigura nel naturale arco della vita, una fase di discesa, un periodo di riflessione e di resoconti.

e in un andare ancora a ritroso, prima di sondare le tracce più recenti, riemerge dal suo racconto, il suo viaggio rivolto a quel delicato periodo di transito, quale è la nostra epoca, ove si avvertono decisi i segni di un sempre maggiore avvento e preponderanza delle immagini sulla lingua, o meglio sulla parola quale vettore del codice linguistico, strumento di trasmissione e segno stesso di esistenza della convenzione. sostituzione, quelle delle immagini sulla parola, che appare ancora comunque distante in quanto, come ricordava Roland Barthes “nonostante l’invasione delle immagini, la nostra è più che mai una civiltà della scrittura. In genere, […], sembra sempre più difficile concepire un sistema di immagini o di oggetti i cui significanti possono esistere fuori del linguaggio.”3

la sua ricerca si è dunque diretta a quel suo essere, nell’attuale contesto, “un uomo di frontiera”, uno per cui la cultura scritta, in particolar modo quella classica è ancora forte e più che mai viva e chiede di essere comunque testimoniata, come sempre sente di dover fare, soptrattutto nelle sue diverse esperienze di docenza.

più in generale, per testimoniare questo suo essere “di confine”, ad un uditorio non proprio sempre ben sintonizzato ha offerto una serie di lavori che, nell’ambito del medium fotografico, hanno ospitato tracce, testi e segni letterari a lui cari, testimoni di un universo culturale in via di progressiva mutazione. un sorta di invasione, quindi, la sua, operata dalla scrittura nel territorio dell’espressione visiva. e lì il gesto di Olivella è stato, a volte, particolarmente deciso e, in certi casi, provocatorio allorquando la punta secca ha fisicamente intaccato la superficie del vettore fotografico, quasi con l’intento di amplificare, esplodere, quell’atto di penetrazione.

il suo viaggio, anche attraverso opere contaminate dalla continua commistione di elementi diversi è giunto poi ad un approdo nuovo, una rivisitazione dell’eterno e mitico tema del tempo nel suo fluire. l’ambito d’azione di Eduard Olivella, nel corso della sua attività di ricerca più recente, lo ha portato ad esprimersi anche attraverso una particolare serie di immagini di architettura, dalle quali emergono con forza vari episodi di quel singolare paesaggio urbano che è la sua città, e che fu luogo d’azione ideale per Antoni Gaudì.

un luogo, Barcellona, che ha saputo accogliere nel corso della sua storia, compresi gli episodi urbanistici di rilievo a noi più vicini, espressioni e progetti che anche allo sguardo di un visitatore quanto mai distratto e non competente suggeriscono, senza soluzione di continuità, una rilevante stratificazione di stili architettonici non regolata, almeno apparentemente, da volontà alcuna.

Olivella, riproponendo con una sua personalissima vena interpretativa questa commistione, ha prodotto immagini, ricostruzioni più nello specifico, che ci immergono ampiamente in questo ambiente segnato da tracce gotiche, moderniste, post-moderniste, ecc., con un inseme per lo meno insolito e tendente ad indurre lo sguardo a convivere agevolmente e contemporaneamente tra segni moreschi e paesaggi futuribili. nelle sovrapposizioni che costruisce esplora un’idea del tempo ancorata in una qualche misura al concetto classico del suo trascorrere, all’evolversi dell’ambiente, anche in relazione alle trasformazioni operate dall’uomo.

l’analisi non ha lasciato comunque quelle che sono le trasformazioni meteorologiche determinate dal passare del tempo, lette, in particolare, anche attraverso i mutamenti, se pur sottili, operati dalla luce. a questo proposito, ricorda come per le culture neolatine il termine tempo comprenda anche l’aspetto meteorologico intesto come clima, oltreché il trascorrere e come, in contrapposizione, in altri ambiti culturali, quali quello anglosassone, tale differenziazione sia sottolineata attraverso l’uso di due termini distinti e separati, ovvero: weather e time.

nella sua analisi sul tema Olivella si ricollega sovente, e volutamente, ad elementi attinti dall’ampio patrimonio della Storia dell’Arte. a questa può essere ricondotto, ad esempio, un delicato trittico dedicato a Giorgio Morandi che, per tensione, rievoca l’altrettanto intenso lavoro di Luigi Ghirri, anch’esso rivolto all’opera del famoso pittore italiano4.

il panorama sul tema si arricchisce, inoltre, di molte altre tracce, oltre a prevedere, in futuro, un possibile esito con altre tappe che porterà la sua ricerca ad un’analisi sulla figura umana che, come appare nelle intenzioni ormai manifeste dell’autore, vedrà protagonista un intero nucleo familiare, con rappresentanti sia dei due sessi sia dei vari stadi dell’arco esistenziale. un ulteriore omaggio, questo che nascerà prossimamente, da interpretarsi come rivolto alla vita, alla rivisitazione del percorso umano ad opera di un personaggio che alla sua analisi ha dedicato, anche attraverso visioni talvolta del tutto private, una ricerca particolarmente attenta ed intensa.

un cammino caratterizzato da tanta tensione, quindi, il suo, che comunque, a ben vedere, sembra poter offrire infiniti ulteriori spazi di esplorazione affinché l’analisi non appaia, ad un primo sguardo, parziale ed incompiuta, fermo restando, nell’opera di Olivella, il rilievo e l’importanza della sua testimonianza.

e agli esploratori di sempre, quale che sia la loro destinazione, potranno forse risultare utili i versi che Eugenio Montale, sul tema del tempo, scriveva:

“Non c’è un unico tempo, ci sono molti nastri

che paralleli slittano

spesso in senso contrario e raramente

si intersecano.”5

Roma, 28 ottobre 1996

______________

1 Nexus, Rivista semestrale di cultura, Arti Plastiche, Lettere, Musica, Scienza, n. 13 dicembre 1994, pagg. 32-33, Fundaciò Caixa de Catalunya.

2 cfr. F&D, Foto e Dintorni, pagg. 25-27, numero dieci+4, settembre 1996.

3 Bartes R., Elementi di semiologia, linguistica e scienza delle significazioni, Nuovo Politecnico Einaudi, Torino, 1966.

4 Ghirri L., Atelier Morandi, Contrejour e Palomar, Bari, 1992.

5 Montale E., Tempo e tempi da Satura II, Tutte  le poesie, I Meridiani, Milano, 1989.

Eduard Olivella. percorsoultima modifica: 2017-06-29T23:25:28+02:00da
Reposta per primo quest’articolo