E’ la manifestazione della creatività il vero confine, per la Legge, tra un’opera di pregio ed una banale? C’è una differenziazione di trattamento legale tra le due tipologie di opere? Sono questi alcuni degli aspetti trattati nell’interessante testo, del quale sintetizzeremo alcuni punti, dedicato ai temi del diritto d’autore, del plagio e della tutela dell’immagine scritto dallo storico della fotografia Italo Zannier e dall’avvocato Niccolò Rositani.
Nel corso del 2005 Skira Editore (Milano) ha pubblicato un testo, peraltro molto atteso, dedicato ad un’ampia analisi della problematica inerente le norme sul diritto d’autore, sia quelle concernenti i fotografi sia quelle riguardanti i soggetti raffigurati. Il libro contiene i contributi dell’avvocato Niccolò Rositani, uno studioso esperto nel campo del diritto d’autore, e di Italo Zannier, il noto storico della fotografia.
L’opera si propone come un compendio sull’argomento che si sviluppa tanto sul fronte storico quanto in ambito contemporaneo, con riflessioni inerenti, oltre agli ambiti già citati, la figura degli editori, e, non ultimi, gli oggetti che possono eventualmente comparire in una qualsiasi immagine fotografica.
Il testo, al quale comunque rinviamo per una lettura più articolata, è diviso in due parti ed è anche corredato dal testo della Legge n. 633 del 22 aprile 1941 (G.U. n. 166 del 16 luglio 1941).
Nella parte iniziale del libro, il primo contributo è dedicato ad una breve ma intensa storia del mezzo fotografico, scritta da Italo Zannier, che va dai primi passi dell’invenzione, con le eliografie di Niépce, sino all’avvento dell’era del digitale.
Il secondo e il terzo saggio contenuti nel testo, entrambi curati da Niccolò Rositani, sono dedicati alla controversa tematica del riconoscimento della parità di valore e di tutela giuridica della fotografia rispetto ad altre forme espressive e all’altrettanto complesso ambito del “diritto all’immagine”.
Chiude la prima parte del libro uno scambio di opinioni su un altro argomento spinoso: il plagio.
La seconda parte del testo contiene alcune considerazioni che prendono spunto da diversi quesiti o fatti accaduti ad una serie di fotografi, tra i quali (cfr., in calce, l’elenco completo): Gianni Berengo Gardin, Franco Vaccari, Roberto Salbitani, Paolo Gioli, Mimmo Jodice, e Gabriele Basilico (1).
Chiude il libro una serie di considerazioni di Italo Zannier.
Ed proprio riprendendo talune di queste che proveremo a tratteggiare alcuni degli elementi che sono apparsi di maggior interesse durante la lettura di questo importante ed utilissimo testo.
Zannier apre questa sezione del libro, sottolineando innanzitutto il fatto che negli ultimi anni la figura del fotografo si sta progressivamente affrancando da tutta una serie di pregiudizi che, in passato, gli hanno precluso non poco la possibilità di essere valutato similmente ad altri autori attivi in altri campi, quali: la scultura, la pittura, la musica e così via. Rimane tuttora viva, come del resto ben evidenzia l’analisi sviluppata all’interno dell’intero testo, una suddivisione di fondo tra opere di maggior pregio, le c.d. “opere dell’ingegno”, e quelle considerate di minor valore e, pertanto, “declassificate” in partenza con una formula che si commenta da sé: “immagini semplici”. Questa distinzione, ed è questo uno dei primi spunti sui quali riflettere, è ratificata non tanto dal solo pensare comune, quanto dalla normativa vigente. Ne deriva, conseguentemente, anche una differenziazione sul piano della tutela giuridica delle due diverse tipologie di opere. L’eventuale attribuzione di maggiore o minore valore tra queste due categorie può essere stabilita – ad esempio nel caso di contenzioso che ne determini la richiesta da parte di un giudice – dall’esito di un’apposita perizia specialistica che, arbitrariamente, definirà di fatto l’appartenenza dell’opera ad una ipotetica classe di serie A o di serie B. Tale valutazione, tuttavia, non si basa su elementi ben definiti, scientifici, come avviene in altri ambiti culturali, ed è pertanto fondata prevalentemente sulla professionalità e sulla sensibilità del perito e del giudice chiamati ad esprimersi in circostanze del genere.
La natura “automatica” della ripresa fotografica, inoltre, rende ancor meno facile la formulazione di questi giudizi. L’automaticità della fotografia, infatti, tende ad indirizzare il giudizio nella direzione opposta a quella di “opera dell’ingegno” che, di norma, viene considerata riconducibile soltanto all’ambito opposto della creatività.
Ciò detto, si chiede Zannier, non sarebbero forse da valutare anche altri elementi, comunque di rilievo, quali: la qualità linguistica, estetica o ideologica dell’immagine? Si tratta, evidentemente, di questioni complesse che si mescolano con tutto l’insieme di “messaggi” che possono emergere attraverso i segni che delineano la natura apparentemente obbiettiva di questo importantissimo medium contemporaneo.
Zannier sottolinea, inoltre, la natura costantemente interpretativa del mezzo fotografico. Aspetto questo che, di conseguenza, mette in risalto l’importanza fondamentale delle “intenzioni” dell’autore che in qualche caso, magari contravvenendo ad un’idea preconcetta di immagine di reportage, può valutare, persino in ambito fotogiornalistico, anche l’opportunità di proporre una fotografia fuori fuoco o, addirittura, mossa, se ciò gli sembra utile per conferire all’evento rappresentato nelle immagini un maggiore grado di realisticità.
Resta comunque sullo sfondo il problema della difficoltà nell’attribuzione della qualifica di “opera dell’ingegno” che, in qualche caso, potrebbe arrivare ad investire finanche opere dalla vocazione dichiaratamente artistica che, nonostante la loro matrice, ad esempio, pittorialista (gomme bicromate, stampe al platino, ecc.), potrebbero comunque finire per essere “degradate” a livelli di minor prestigio.
La questione della definizione di “opera dell’ingegno”, del resto, ha origini lontane, essendo stata sostenuta già nella seconda metà dell’Ottocento, secondo quanto afferma lo stesso Zannier nella sua ricostruzione storica in apertura del libro, anche dal fiorentino Carlo Brogi co-titolare dell’omonimo e noto Stabilimento fotografico.
Sempre di quegli anni è un’altra distinzione altrettanto importante, inerente l’indipendenza dell’esercizio del diritto d’autore, tema del quale si occupa diffusamente nei suoi interventi l’avvocato Niccolò Rositani, rispetto al “valore” vero e proprio dell’opera realizzata. Detto “valore” è connesso alla natura intellettuale (anche) della produzione fotografica, a prescindere dalla sua qualità più o meno rilevante, che la configura, secondo quanto sostiene finanche una sentenza della Cassazione del 3 giugno 1876 citata nel testo, come “opera dell’ingegno” e, come tale, meritevole di una particolare tutela legale.
Di parere opposto, ma altrettanto utile ad evidenziare quanto sia stato acceso già allora il dibattito sull’argomento, è il contenuto di una successiva sentenza della Corte d’Appello del 7 luglio dello stesso anno anch’essa ripresa nel libro, ove alla fotografia viene assolutamente negato il carattere di “opera dell’ingegno” essendo comparabile piuttosto, e per Legge, ad un “qualunque processo meccanico”.
Ed è sempre una norma di legge, quella richiamata in seguito da Rositani e contenuta nell’art. 1 della citata Legge inerente la “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”, la n. 633 del 22 aprile 1941, che stabilisce la necessità del requisito fondamentale della “creatività” per poter rientrare nell’ambito della categoria delle “opere dell’ingegno” e poter conseguentemente esercitare la relativa tutela legale. E’ il requisito della “creatività”, in definitiva, il reale elemento distintivo, anche rispetto alla normativa precedente, di un’opera frutto dell’ingegno rispetto ad un’altra più banale e, pertanto, non meritevole delle stesse particolari tutele.
Ovviamente, la complessità del discorso sugli aspetti legati alla tutela dell’esercizio del relativo diritto d’autore, offre lo spunto a Rositani per tutta una serie di riflessioni, anche inerenti casi specifici, che occupano una parte rilevante del testo e al quale, come si è già detto, comunque si rinvia per una lettura più approfondita anche in ordine ad altri temi.
Altrettanto complesso è anche l’ambito delle riflessioni relative alla sfera della tutela dell’immagine dei soggetti ripresi, argomento peraltro già in parte trattato precedentemente (cfr., nell’archivio di Mediazone, l’articolo intitolato: “Immagini. Assoluzioni e condanne“). In proposito, ci limitiamo soltanto a segnalare che Rositani sottolinea il fatto che, in linea generale, le relative previsioni di legge non intendono pregiudicare il diritto del fotografo ad effettuare delle riprese ma, piuttosto, evitare che nell’esercizio di questo suo diritto egli commetta degli abusi, ovvero leda, ad esempio, un altro diritto, quale è quello relativo alla riservatezza delle persone raffigurate nelle fotografie. Sempre in linea generale, in relazione a questo diritto alla privacy, viene pure ribadito che, di norma, occorre il consenso dei soggetti ritratti per poter utilizzare l’immagine. Secondo la previsione dell’art. 97 l.d.a., invece, non occorre il consenso nel caso in cui l’immagine ritragga una persona nota o sia motivata dalla rilevanza dell’evento e, pertanto, il diritto all’informazione tende a prevalere. Ovviamente, anche in casi della specie vi sono delle limitazioni e delle cautele da tenere in debita considerazione, come è nel caso in cui nella scena ripresa figurino dei minori (cfr., ancora, l’articolo già citato precedentemente).
Segnaliamo, per chiudere questa breve ed incompleta panoramica sul testo in argomento, che l’analisi di Zannier non trascura, infine, di tratteggiare un ultimo e serio problema che incontra tuttora la fotografia, allorché accenna alle difficoltà di affermazione del medium anche nell’ambito dell’istruzione scolastica e, per di più dell’università.
Ma questo, si potrà obiettare, è ancora un altro problema.
(1) Gianni Berengo Gardin, Franco Vaccari, Piergiorgio Branzi, Fulvio Roiter, Alberto Givanni, Maurizio Galimberti, Franco Fontana, Nicola Smerilli, Manfredi Bellati, Marina Giorgi, Silvia Lunardon, Nino Migliori, Martino Zummo, Francesco Barasciutti, Roberto Salbitani, George Tatge, Daniele Cavalli, Paolo Gioli, Mimmo Jodice, Cesare Colombo, Giuseppe Vanzella, Mario Trevisan, Guido Guidi, Francesco Barasciutti, Angelo Maggi, Antonella Vigliani Bragaglia (in qualità di figlia adottiva di Anton Giulio Bragaglia), Silvia Berselli, Arianna Novaga, Gianantonio Battistella, Gabriele Basilico, Graziano Arici, Silvia Lelli e Roberto Masotti.
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