Fotografia, comunicazione, media e società

La “battaglia” della metafotografia fotodinamista

Un’ipotesi di lettura semiotica della contesa tra Futurismo e Fotodinamismo – 16-07-09

di Gerardo Regnani

gerardo.regnani@tin.it

 

VERSIONE RIDOTTA

Il Futurismo, con la sua lotta al “passatismo”, ha offerto un contributo di rilievo per la costruzione dell’immaginario tecnologico del tempo, ma non solo di quello e non solo allora. Lo ha offerto anche attraverso una delle sue espressioni più peculiari: il Fotodinamismo. Tra il Fotodinamismo e il Futurismo non c’é stata però una relazione tra le più felici a causa dell’iniziale contrasto degli esponenti della pittura futurista nei confronti del medium fotografico. Ciò è avvenuto sebbene il Fotodinamismo, fra l’altro per la sua miscela di estetica e pseudoscientificità, abbia anche assunto le forme di una riflessione metadiscorsiva sul mezzo fotografico in un momento nodale per lo sviluppo delle Avanguardie storiche. In quel periodo, infatti, le fotodinamiche sono non di rado sembrate anche significativamente in grado di condensare e veicolare le aspirazioni e i contrasti del Futurismo, potendo forse persino incarnare le vesti di uno strategico “attante” volto a sostenere, piuttosto che a contrastare, la causa e i valori del movimento futurista.

L’avvento del movimento, come è noto, ha coinciso con una fase di ulteriore sviluppo scientifico e tecnologico. Your browser may not support display of this image. Di questo processo evolutivo caratteristico della modernità, mediante una pluralità di media – cinema, fotografia, pittura, scultura, teatro, ecc. – il Futurismo ha dato una sua peculiare chiave di lettura, che è stata in grado di anticipare evoluzioni successive anche nel mondo dell’arte. In particolare, per mezzo della fotografia – attraverso “sguardi” complementari a quelli di altre forme espressive, talora anche con connotazioni metadiscorsive – ha fatto inoltre emergere progressivamente tutta una serie di anfratti del reale, altrimenti invisibili all’apparenza, che Walter Benjamin ha poi definito con l’efficace e fortunata formula di “inconscio ottico”: un mondo “altro” che appare attraverso l’apparecchio fotografico in maniera talvolta profondamente diversa da quella che sembra invece mostrarsi all’occhio umano, almeno a un primo sguardo superficiale.

A questo processo di rivelazione ha contribuito, dunque, anche il Fotodinamismo, come “provano” pure le teorizzazioni di A. G. Bragaglia inserite nel suo celebre “Fotodinamismo futurista” del 1913.

Nonostante ciò, la critica iniziale dei futuristi verso la fotografia rimase fondamentalmente la stessa, tesa a sottolineare l’incapacità del medium di raffigurare artisticamente il flusso “percepibile” della realtà, realizzando piuttosto immagini “pietrificate” e, pertanto, lontane dalla dinamicità concreta del mondo reale, apparentemente ben rappresentata, invece, da altre forme espressive e/o artistiche del tempo. Un “è stato”, quello della fotografia, che ai pittori futuristi è apparso come un “difetto” insuperabile, soprattutto per un mezzo tecnologico che avrebbe avuto anche delle velleità artistiche. Tuttavia, secondo Lista, il Fotodinamismo ha comunque rappresentato, sul fronte fotografico, una delle espressioni probabilmente più idonee a esprimere adeguatamente la causa e i valori del Futurismo.

E, probabilmente, non è del tutto inverosimile ipotizzare che l’avversione dei futuristi nei confronti del Fotodinamismo fosse plausibilmente alimentata anche da una sorta di non chiara consapevolezza delle possibili strategiche potenzialità di questa peculiare lingua franca universale che sembra tuttora essere la fotografia, ad esempio in veste di ulteriore “testimone” della visione del Futurismo.

Partendo da tale presupposto, il conflittuale rapporto dei futuristi con la fotografia, sulla scorta della ritenuta “incapacità” del medium di offrire uno sguardo realmente artistico e dinamico della fusione tra arte e vita proprio del Futurismo (inclusa ovviamente la sua variabile fotodinamista), ha plausibilmente portato i futuristi a intravedere nella “salma” condensata nella rigida istantanea fotografica tradizionale una sorta di strumento “malefico”, un astratto strumento/attante tecnologico nemico che, se posto nelle mani dei fotodinamisti – dapprima presumibilmente considerati al pari di “Anti-Eroi” ostili alla causa del Futurismo -, avrebbe finito per contrastare pericolosamente il processo evolutivo del movimento futurista stesso.

Per tale ragione, nella problematica relazione intervenuta tra l’artisticità e l’idea di dinamismo apparentemente veicolato dall’arte futurista e la sua presunta assenza, invece, nel Fotodinamismo, si potrebbe quindi ipotizzare una forma di potenziale distacco dagli obiettivi del Futurismo stesso – l’artisticità e il dinamismo, appunto – rappresentata dalla presupposta inadeguatezza della fotografia a veicolare un’espressione artistica della dinamicità. In questo “scarto” tra il desiderio dei futuristi di realizzare una rappresentazione artistica caratterizzata da una visione interpretativa (soggettiva) del dinamismo e l’apparente incapacità della fotocamera di renderne un’analoga e idonea raffigurazione attraverso il Fotodinamismo – a causa della fissità insita nell’automatico “congelamento” della realtà e della conseguente, presunta, “oggettività” e non artisticità veicolata dalla fotografia – emergerebbe un vero e proprio “disequilibrio”, una simbolica, quanto drammatica e insanabile ferita. Questo “handicap”, avrebbe reso uno strumento “nocivo” per il Futurismo qualsiasi statica istantanea e, per metonimia, la fotografia nel suo complesso, incluso il Fotodinamismo.

Eppure, proprio considerando questa questione della non artisticità e della fissità della fotografia in genere, il Fotodinamismo era stato immaginato da A. G. Bragaglia proprio come una risposta ideale, “una rivoluzione” la definì, in campo fotografico, per la risoluzione di tale dramma comunicativo del medium.

Solo il superamento, quindi, di quel vero e proprio duplice “difetto” congenito della fotografia tradizionale (non artisticità, staticità), avrebbe dunque potuto rendere possibile la promozione del Fotodinamismo alla condizione di espressione artistica conforme agli standard del Futurismo.

E il Fotodinamismo avrebbe infatti desiderato diventare proprio un esemplare ed efficace mezzo “rivoluzionario” per la causa del Futurismo. In quest’ottica, i fotodinamisti avrebbero assunto la funzione di “braccio armato” del Futurismo – e non di antagonisti – scesi in campo per ri-creare quell’artisticità e dinamismo apparentemente assenti in precedenza nelle immagini fotografiche, ricongiungendo idealmente il Futurismo a un “oggetto di valore” che nella fotografia tradizionale sembrava impossibile da raffigurare. Di conseguenza, la “lotta” ingaggiata dai fotodinamisti sarebbe riconfigurabile come volta al raggiungimento del nobile scopo di ripristinare quell’artisticità e dinamismo comuni nelle altre forme artistiche futuriste e apparentemente assenti nella fotografia. Dando vita, quindi, attraverso lo “strumento magico” del Fotodinamismo, a una rappresentazione fotografica del gesto artistica e dinamica, il medium fotografico è stato finalmente “piegato” a uno uso più consono all’ideologia futurista.

E l’esito positivo di tale performance non sarebbe potuto cadere nel vuoto. Al contrario, avrebbe dovuto determinare, anche se subito così non fu, il riconoscimento di un premio al Fotodinamismo, finalmente “in linea” con i valori del Futurismo in quanto vincitore della “battaglia” per la conquista dell’artisticità e della dinamicità nella raffigurazione del moto. E’ un premio per il Fotodinamismo effettivamente c’è poi stato, sebbene si sia trattato di una ricompensa ufficiale per lo meno tardiva concretizzatasi, soltanto nel 1930, nella pubblicazione di un manifesto dedicato alla fotografia futurista, ideato da Marinetti e Tato, avente lo scopo, si noti bene, “di far sempre più sconfinare la scienza fotografia nell’arte pura”.

H O M E : http://gerardo-regnani.myblog.it/

VERSIONE AMPLIATA

Il Futurismo, con la sua lotta al “passatismo”, su cui sembrano già essersi quasi definitivamente spenti i riflettori dopo il concentrato di eventi dedicati alla celebrazione del primo centenario, ha offerto un contributo di rilievo per la costruzione dell’immaginario tecnologico del tempo, ma non solo di quello e non solo allora. Lo ha offerto, tra l’altro, attraverso una delle sue espressioni più note e peculiari: il Fotodinamismo.

Tra il Fotodinamismo e il Futurismo non c’é stata però, come è noto, una relazione tra le più felici a causa dell’iniziale contrasto degli esponenti della pittura futurista nei confronti del medium fotografico. Ciò è avvenuto sebbene il Fotodinamismo, fra l’altro per la sua miscela di estetica e pseudoscientificità, abbia anche assunto le forme di una riflessione metadiscorsiva sul mezzo fotografico in un momento nodale per lo sviluppo delle Avanguardie storiche. In quel periodo, infatti, le fotodinamiche sono non di rado sembrate anche significativamente in grado di condensare e veicolare le aspirazioni e i contrasti del Futurismo, potendo forse persino incarnare, come si dirà più ampiamente nel testo che segue (delineando un ipotetico “percorso d’azione” soggiacente), le forme di uno strategico “attante” volto a sostenere, piuttosto che a contrastare, la causa e i valori del movimento futurista.

L’avvento del Futurismo ha coinciso con una fase di ulteriore sviluppo scientifico e tecnologico. Di questo processo evolutivo caratteristico della modernità, mediante una pluralità di media – cinema, fotografia, pittura, scultura, teatro, ecc. – il Futurismo ha dato una sua peculiare chiave di lettura, che è stata in grado di anticipare evoluzioni successive anche nel mondo dell’arte. In particolare, per mezzo della fotografia – attraverso “sguardi” complementari a quelli di altre forme espressive, talora anche con connotazioni metadiscorsive – ha fatto, tra l’altro, emergere progressivamente tutta una serie di anfratti del reale, altrimenti invisibili all’apparenza, che Walter Benjamin ha poi definito con l’efficace e fortunata formula di “inconscio ottico”: un mondo “altro” che appare attraverso l’apparecchio fotografico in maniera talvolta profondamente diversa da quella che sembra invece mostrarsi all’occhio umano, almeno a un primo sguardo superficiale.

A questo processo di rivelazione ha contribuito, dunque, anche il Fotodinamismo – come “provano” pure le teorizzazioni di Anton Giulio Bragaglia inserite nel suo celebre “Fotodinamismo futurista” del 1913 – con la sua peculiare e, al tempo stesso, emblematica espressione.

Nonostante ciò, la critica iniziale dei futuristi verso la fotografia è rimasta fondamentalmente la stessa, tesa a sottolineare l’incapacità del medium di raffigurare artisticamente il flusso “percepibile” della realtà, realizzando piuttosto immagini “pietrificate” e, pertanto, lontane dalla dinamicità concreta del mondo reale, apparentemente ben rappresentata, invece, da altre forme espressive e/o artistiche del tempo. Un “è stato”, quello della fotografia, che in particolare ai pittori futuristi è apparso come un “difetto” insuperabile, soprattutto per un mezzo tecnologico che avrebbe avuto anche delle velleità artistiche.

Secondo Lista però, nonostante l’opposizione iniziale dei pittori futuristi, il Fotodinamismo ha comunque rappresentato, sul fronte fotografico, una delle espressioni probabilmente più confacenti a esprimere adeguatamente la causa e i valori del Futurismo.

E, probabilmente, non è del tutto inverosimile ipotizzare che l’avversione dei futuristi nei confronti del Fotodinamismo fosse plausibilmente alimentata anche da una sorta di non chiara consapevolezza delle possibili strategiche potenzialità di questa peculiare lingua franca universale che sembra tuttora essere la fotografia, ad esempio in veste di ulteriore “testimone” della visione del Futurismo.

Proprio partendo da tale presupposto, il rapporto conflittuale dei futuristi con la fotografia, basato sulla ritenuta “incapacità” del medium di offrire uno sguardo realmente artistico e dinamico della fusione tra arte e vita proprio del Futurismo (inclusa ovviamente la sua variabile fotodinamista), può forse essere letto anche da un’altra angolazione, vale a dire quella offerta dall’analisi semiotica.

In questa prospettiva, la ipotizzata (dai futuristi) non artisticità del Fotodinamismo, da un lato, e la staticità apparente delle raffigurazioni fotografiche tradizionali del moto dall’altro, poste in relazione con i valori del Futurismo, potrebbero essere così riassunte:

non artisticità/fissità : Fotodinamismo/fotografia tradizionale = artisticità/dinamicità : Futurismo,

o

riproducibilità/staticità/oggettività : fotografia in genere = unicità/dinamismo/interpretazione creativa (soggettività) : arte.

Ciò premesso, la “salma” condensata nella rigida istantanea fotografica tradizionale potrebbe essere stata ipotizzata dai futuristi come una sorta di strumento “malefico”, un astratto “attante” e/o strumento tecnologico nemico che, se posto nelle mani dei fotodinamisti – inizialmente considerati al pari di “Anti-Eroi/Oppositori” ostili (il cui ruolo e portato è schematizzabile, in termini semiotici, con la sigla: “S2”) alla causa del Futurismo (che, analogamente, può essere riassunto nel simbolo opposto: “S1”) – avrebbe finito per contrastare pericolosamente il processo evolutivo del movimento futurista stesso.

All’interno del Futurismo andrebbe quindi considerata la (com)presenza iniziale di un Soggetto “Anti-Destinante”, prima avverso al Fotodinamismo, e plausibilmente generato dalla già suggerita iniziale inconsapevolezza dei futuristi riguardo alle complessive potenzialità del Fotodinamismo, unitamente a un “Destinante”, poi non più avverso al Fotodinamismo, emerso concretamente solo successivamente.

Il “suo” scopo prioritario, pertanto, potrebbe essere verosimilmente immaginato all’interno di un ipotetico “Percorso Narrativo” (d’ora in poi “PN”) principale, composto dalle azioni riferibili a uno o più “attanti” che, attraverso il senso veicolato dai segni/fotografie prodotti dalla fotocamera, avrebbero attuato il connesso “programma di azione” o di “interazione”.

E, più nel dettaglio, facendo riferimento al “Percorso Generativo del senso” descritto nel Dizionario di Greimas e Courtés e richiamato da Pozzato nel suo “Semiotica del testo”, le strutture semio-narrative evidenziabili a livello superficiale potrebbero delineare una componente sintattica di questo tipo. Gli attori formali, cioè quelli che emergerebbero nel corso dell’enunciazione visiva a “livello discorsivo” o di superficie, in altre parole le componenti individuabili nell’immagine (gli agenti, i tempi e i luoghi inseriti in un determinato ambito tematico), si configurerebbero come altrettanti attanti coinvolti in uno specifico PN. Detto PN potrebbe essere principale o secondario in relazione al “modello attanziale” e alle relative sfere di azione che potrebbero interessare la rappresentazione, ossia:

l’asse contrattuale o di comunicazione

“Destinante à Oggetto à Destinatario”,

inerente l’induzione all’azione, e

l’asse di realizzazione o pragmatico

“Aiutante à Soggetto à Oppositore”,

connesso con il compimento dell’azione stessa.

Detto questo, volendo trasporre ulteriormente in termini semiotici l’ipotizzata problematica relazione intervenuta tra l’artisticità e l’idea di dinamismo veicolato dall’arte futurista e la sua presunta assenza, invece, nel Fotodinamismo, si potrebbe quindi ipotizzare all’interno del relativo PN l’esistenza una forma di potenziale disgiunzione (riassunta nel segno: “U”) dagli oggetti di valore (schematizzabili come: “Ov”) del Futurismo (S1) – l’artisticità e il dinamismo, appunto – piuttosto che di congiunzione da esso (simboleggiata dal segno: “”), rappresentata dalla già detta presupposta inadeguatezza della fotografia a veicolare un’espressione artistica della dinamicità. In questo “scarto” tra il desiderio dei futuristi di realizzare una rappresentazione artistica caratterizzata da una visione interpretativa (arbitraria, soggettiva) del dinamismo e l’apparente incapacità della fotocamera di renderne un’analoga e idonea raffigurazione attraverso il Fotodinamismo – a causa della fissità insita nell’automatico “congelamento” della realtà e della conseguente, presunta, “oggettività” e non artisticità veicolata dalla fotografia – emergerebbe un vero e proprio “disequilibrio”, una simbolica, quanto drammatica e insanabile ferita. Questo “handicap”, anche dal punto di vista semiotico, renderebbe uno strumento “nocivo” per il Futurismo qualsiasi statica istantanea e, per metonimia, la fotografia nel suo complesso, incluso il Fotodinamismo.

Eppure, proprio considerando questa questione della non artisticità e della fissità della fotografia in genere, il Fotodinamismo era stato immaginato da Anton Giulio Bragaglia proprio come una risposta ideale, “una rivoluzione” la definì, in campo fotografico, per la risoluzione di tale dramma comunicativo del medium.

La contrapposizione tra il sofferto stato di disgiunzione U del Futurismo con l’oggetto di valore Ov causata, come accennato, da quel presunto Anti-Oggetto di Valore che è stata considerata l’istantanea fotografica in genere e la sua desiderata ricongiunzione con l’oggetto del desiderio (i ridetti: artisticità e dinamismo), in termini semiotici potrebbe essere riassunta nel modo seguente (cfr.., più in basso, anche gli Schemi 1-4):

{S1 => [ (S2 U Ov) à (S2Ov)]}.

In questo schema, all’interno delle parentesi è sintetizzato l’esito del passaggio di stato dell’attante S1 (il Futurismo) da uno stato ideale di congiunzione con il suo Ov (dinamismo, artisticità) al suo sfavorevole stato di disgiunzione U da detto (s)oggetto del desiderio Ov, causato dal prevalere dell’attante antagonista l’Anti-Eroe fotodinamista S2 e della non artisticità e staticità apparente della resa del moto insita nella “cadaverica” rappresentazione fotografica: S2 passa, infatti, da U a ∩. Una perdita, una sconfitta/disgiunzione U per l’attante S1 (il Futurismo) dall’Ov, dunque, piuttosto che una sua ricongiunzione ∩ con la desiderata dinamica rappresentazione artistica dell’amalgama arte/vita. Ricongiunzione dell’attante S1 con l’Ov, con la conseguente disfatta dell’attante avversario S2, che invece avrebbe potuto, all’opposto, essere così schematizzata:

{S1 => [ (S2 ∩ Ov) à (S2 U Ov)]},

ove, prevalendo finalmente l’attante S1 (lo stato di S2 muta, si noti, da ∩ a U), il pericolo insito nell’uso di quel medium “nefasto” che è stato inizialmente considerato il Fotodinamismo sembrerebbe, infine, dissolto per sempre.

Solo il superamento, quindi, di quel vero e proprio duplice “difetto” congenito della fotografia tradizionale (non artisticità, staticità), avrebbe dunque potuto rendere possibile la promozione del Fotodinamismo alla condizione di espressione artistica conforme agli standard del Futurismo. Conseguentemente, il Futurismo potrebbe essere immaginato, come si è già prima ipotizzato, anche nella veste (opposta) di arcano Soggetto Destinante che non ha visto materializzarsi tangibilmente, almeno inizialmente, né l’artisticità né, tanto meno, il dinamismo della vita in qualsiasi rappresentazione fotografica comune. L’ha vista, piuttosto, dissolversi proprio a causa degli (all’inizio) presunti Anti-Eroi/Oppositori ostili S2 (i fotodinamisti) che avrebbero piuttosto potuto/dovuto aiutarlo a veicolare una totalmente diversa e dinamica idea di fusione tra arte e vita.

Il Fotodinamismo, per quanto inizialmente irriso dai futuristi, avrebbe invece desiderato diventare proprio un esemplare mezzo “rivoluzionario” messo a disposizione di taluni Eroi futuristi, i fotografi fotodinamisti (veri e propri “Soggetti Operanti”). In quest’ottica, i fotodinamisti avrebbero assunto la funzione di “paladini” – una sorta di estensione di S1, di “braccio armato” e non più degli antagonisti – scesi in campo per ri-creare quell’artisticità e dinamismo apparentemente assenti in precedenza nelle immagini fotografiche, ricongiungendo idealmente il Futurismo a un Ov che nella fotografia tradizionale sembrava impossibile da raffigurare. Di conseguenza, la “lotta” ingaggiata dai Soggetti Operanti fotodinamisti sarebbe riconfigurabile come volta al raggiungimento del nobile scopo di ripristinare quell’artisticità e dinamismo comuni nelle altre forme artistiche futuriste e apparentemente assenti nella fotografia. Dando vita, quindi, attraverso lo “strumento magico” del Fotodinamismo, a una rappresentazione fotografica del gesto artistica e dinamica, il medium fotografico è stato finalmente “piegato” a uno uso più consono alla causa futurista (S1).

E l’esito positivo di tale performance non sarebbe potuto vano cadere nel vuoto. Al contrario, avrebbe dovuto determinare, anche se subito così non fu, il riconoscimento di una “sanzione” positiva – un premio, altrimenti detto – per quanto realizzato dagli Eroi fotodinamisti, finalmente “in linea” con i valori di S1. Essi, infatti, sono usciti alla fine vincitori dalla “battaglia” contro il presunto ostile rivale artistico e tecnologico, imputato della dissoluzione apparente dell’artisticità e della dinamicità nella raffigurazione del moto attraverso le immagini fotografiche individuato dai futuristi S1 proprio nei fotodinamisti S2.

Ricapitolando, nella morte dell’arte ravvisata nella  connessione con l’automatismo – l’autoprodursi da sé – delle immagini fotografiche in genere e nella loro fissità sarebbe stato intravisto un ideale simulacro di attante anti-artistico tecnologico nemico, divenuto poi l’obiettivo principale della “guerra” combattuta dal Fotodinamismo per conto – plausibilmente in modo inconsapevole si è detto, per lo meno nella fase iniziale – del Futurismo (S1). “Battaglia” che ha registrato l’azione “eroica” dei Soggetti Operanti fotodinamisti (passati dallo stato iniziale di attante S2 a S1).

Il Fotodinamismo avrebbe perciò agito, al tempo stesso, apparentemente prima contro e poi proprio per conto del suo (inconsapevole, almeno inizialmente) anti-mandante Futurismo (Anti-Destinante poi divenuto Destinante). L’atteggiamento inizialmente antitetico del movimento futurista nei confronti del Fotodinamismo sarebbe stato dunque motivato dall’esigenza di estendere anche alla fotografia un’ideale rappresentazione artistica del dinamismo, che risultava invece inesorabilmente assente in quel tipo di raffigurazione. E sarebbe stato proprio lo stesso movimento futurista – vivendo il contrapposto ruolo di Destinante/Anti-Destinante,  pervaso da una specie di conflitto intestino (forse) utile alla progressiva definizione della propria identità in ogni possibile espressione del movimento – che avrebbe implicitamente prima disapprovato e poi ufficialmente approvato e sostenuto l’agire del Fotodinamismo in vista di una successiva ricompensa (la citata sanzione positiva), ovvero: la sua definitiva ammissione all’interno delle espressioni artistiche “autorizzate” del movimento futurista.

Schematizzando ancora, tutta la contesa potrebbe essere riassunta in quattro distinte fasi: manipolazione, competenza,  performance, sanzione.

1.      Manipolazione à Il Destinante Futurismo, in una prima fase Anti-Destinante, avrebbe (inconsapevolmente, si è ipotizzato) indotto il Soggetto Operante fotodinamista, che avrebbe incarnato anche le vesti di presunto (per lo meno inizialmente) Anti-Eroe, a realizzare uno specifico PN;

2. Competenza à il Soggetto Operante (il citato Eroe fotodinamista) si sarebbe dotato di un adeguato “equipaggiamento modale”, connotato da uno specifico volere, dovere, sapere, potere, condensato, in questo caso, nel Fotodinamismo;

3.      Performance à l’azione/“scontro” del Soggetto Operante fotodinamista contro l’assenza di artisticità e la tangibile fissità dell’istantanea fotografica tradizionale, ossia: la realizzazione delle immagini prodotte nell’ambito del Fotodinamismo;

4.      Sanzione à il Destinante Futurismo (lo stesso che prima appariva come Anti-Destinante) avrebbe giudicato l’opera del Soggetto Operante (l’Eroe fotodinamista) “premiandolo” con il riconoscimento del contributo del Fotodinamismo alla causa del movimento futurista.

Cosa, quest’ultima, che, in effetti, è in parte realmente successa, sebbene si sia trattato di una ricompensa ufficiale per lo meno tardiva. E’ successo, infatti, nel 1930 con la pubblicazione, in occasione del Primo Concorso Fotografico Nazionale, di un manifesto dedicato alla  fotografia futurista, ideato da Marinetti e Tato, avente lo scopo “di far sempre più sconfinare la scienza fotografia nell’arte pura”.

La contesa, che ha visto coinvolti i diversi agenti/attanti che sono stati precedentemente descritti, come in parte si è già accennto, può anche essere analizzata a un livello di “profondità” ulteriore del relativo Percorso Generativo. E’ possibile, volendo, fare riferimento a un altro fondamentale strumento messo a disposizione dalla  semiotica per l’analisi della componente sintattica e semantica più profonda, vale a dire il “quadrato semiotico” di Greimas, basato sull’organizzazione di una sintassi oppositiva fondata su un rapporto di affermazione/negazione di concetti chiave (cfr., ancora, gli Schemi 1-4).

      Schema 1

      Categorie di senso a livello profondo

 

      S 1 ß        à  S 2

    S 2 ß        à  S 1

fonte: Fabbri, Marrone (2000: 194)

      Schema 2

      Struttura logico-narrativa di superficie (non ancora discorsiva e manifesta)

 

      S1 O        S2 U O

        

  

    S2 O       S1 U O

      fonte: Pozzato (2001: 62)

      Schema 3

       

          vita                morte

   

 

   

non-morte     non-vita

      Schema 4

       

      Futurismo      Fotodinamismo

                                                                                                                      (azione=vita)   (fissità=morte)                                                                          

       

      fotodinamica             passatismo

(non-morte)           (non-vita)

Attraverso tali schemi, è possibile individuare le basi logico-semantiche sulle quali si poggiano i sovrastanti livelli narrativi con le relative figure attanziali. Su questi ultimi livelli (narrativi) si poggiano infine quelli discorsivi, ove poi prende forma l’enunciazione attraverso i diversi agenti formali (gli attori, i veri e propri protagonisti della storia). Nel caso in discorso, al livello più profondo, ovvero di logica astratta fondata sul conflitto nei confronti degli output di una tecnologia avversa, corrisponderebbero le funzioni dei vari attanti citati, presenti nella correlata struttura narrativa di superficie e i vari protagonisti che emergerebbero nella conseguente dimensione narrativa.

Utilizzando il quadrato semiotico è quindi possibile delineare schematicamente le componenti fondamentali del Percorso Generativo del senso inerenti anche la contesa tra il Futurismo e il Fotodinamismo in uno stadio simbolico in cui è individuabile come un oggetto semiotico non ancora concretamente manifestatosi. I concetti fondamentali che potrebbero essere utilizzati per condensare adeguatamente l’opposizione tra l’anelito artistico vitale del Futurismo e il mortale “difetto” tecnologico apparentemente insito nell’istantanea fotografia, fotodinamiche incluse, potrebbero essere sostanzialmente ricondotti alla eterna contrapposizione universale tra la vita e la morte (cfr., in particolare, gli Schemi 3 e 4). In questa plausibile schematizzazione, una possibile sostituzione dei relativi termini-chiave, partendo dallo Schema 3, potrebbe quindi divenire quella rappresentata nello Schema 4. Attraverso il contributo fornito da tali presupposti logici può forse ora risultare più evidente quanto sia (inavvertitamente, forse) apparso ampio l’iniziale divario concettuale tra il Futurismo, da un lato, e il Fotodinamismo dall’altro per la costruzione di un affine immaginario simbolico di riferimento. Conseguentemente, le corrispondenti strutture narrative di superficie, ovvero gli enunciati visuali condensati nelle immagini fotografiche dell’epoca non potevano pertanto risultare immuni dalle “tare” radicate nelle relative rappresentazioni mentali d’origine.

L’apparente incapacità della fotografia di fornire raffigurazioni artistiche e dinamiche è probabilmente risultato ulteriormente “rinforzato” anche dalla ridondanza di taluni elementi simbolici astratti e concreti diffusamente presenti nella produzione fotografica del tempo. Questo genere di ripetitività, in termini semiotici, sono di norma definite “isotopie”. In relazione alla produzione di semi astratti o concreti tali ripetizioni possono configurarsi sia come “isotopie tematiche” sia come “isotopie figurative”. La presenza di dette isotopie, conseguentemente, ha plausibilmente potuto contribuire a “inquinare” la fase interpretativa innescatasi in relazione sia alle differenti estetiche testuali sia agli statuti (artistico, documentale, pubblicitario, ecc.) che le immagini possono aver assunto nelle diverse pratiche di fruizione nelle quali sono state poi utilizzate. Questo “inquinamento” è connesso al fatto che le isotopie, sia tematiche che figurative, svolgono, come è noto, un ruolo nodale nel corso dell’interpretazione, indirizzando il fruitore dell’immagine verso un ambito interpretativo piuttosto che un altro. Esse, infatti, hanno probabilmente favorito la delimitazione dell’interpretazione di potenziali “lettori” delle rappresentazioni entro un determinato perimetro semantico, delineandone il relativo topic, versione pragmatica dell’isotopia.


Riferimenti

Barthes R., La camera chiara. Nota sulla  fotografia, Einaudi, Torino, 1980

Benjamin W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino, 1966

Bragaglia A. G., Fotodinamismo futurista, Einaudi, Torino, 1980

Dondero M. G., Fotografare il sacro. Indagini semiotiche, Meltemi, Roma, 2007

Fabbri P., Marrone G. (a cura di), Semiotica in nuce. Volume I. I fondamenti e l’epistemologia strutturale, Meltemi, Roma, 2000

Gilardi A., Storia sociale della fotografia, Mondadori, Milano, 2000

Greimas A. J., Courtés J.,  Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, La Casa Usher, Milano, 1986

Lista G., Cinema e fotografia futurista, Skira editore, Milano, 2001

Marra C., Fotografia e pittura nel Novecento. Una storia “senza combattimento”, Mondarori, Milano, 1999

Newhall B., Storia della fotografia, Einaudi, Torino, 1984

Pozzato M. P., Semiotica del testo, Carocci, Roma, 2001

De Felice R. (a cura di), Futurismo, Cultura e Politica, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1988

Zannier I., L’occhio della fotografia, Carocci, Roma, 1998

 

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La “battaglia” della metafotografia fotodinamistaultima modifica: 2009-05-22T21:49:00+02:00da
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