Il dono
da “Fotografare il Sacro”
Indagini semiotiche di Maria Giulia Dondero
G. Regnani, da “Riflessa”, 2021
Il dare gratuito può rappresentare, se è autentico, proprio l’essenza ideale del dono.
Un dono puro che può evocare, se è tale, persino una dimensione sacrale, trascendente.
In particolare per la sua natura, appunto, gratuita, inattesa e “disorganizzata”.
Legata, come è, talvolta, anche al caso.
Una dimensione priva di contraffazioni, senza tatticismi contingenti e/o strategie di medio o lungo periodo.
Un dono immotivato, dunque, istintivo e sublime insieme, come può esserlo un’alba.
Un avvento…
Una donazione pura, che, estremizzando, potrebbe assumere i contorni di un gesto addirittura “irresponsabile”, pari a un atto inconscio.
Estraneo persino al donatore, e, pertanto, essendo impersonale, è libero da ogni necessità di controbilanciamento sociale.
Radicalizzando ulteriormente – e tornando, quindi, sostanzialmente al punto di partenza – lo si può immaginare anche come un atto senza nome, ignoto finanche a sé stessi.
Privo, dunque, di una relazione con qualcuno/qualcosa.
Senza un volto, senza un’identità. In altre parole: anonimo e, se possibile, persino invisibile.
Come potrebbe esserlo, appunto, proprio la dimensione o una relazione con il… Sacro.
O, qualcosa/qualcuno che gli sia affine.
Come i nostri figli, per esempio…
Come un’amicizia…
Come la pace…
(versione, in forma di spoken word: https://soundcloud.com/user-728418889/il-dono)
Roma, 22 marzo 2022
G. Regnani