SULLA MALATTIA DI PARKINSON E IL PROGETTO “PARKTRAITS” / ABOUT PARKINSON’S and THE “PARKTRAITS” PROJECT (Parktraits stories)

SULLA MALATTIA DI PARKINSON E IL PROGETTO “PARKTRAITS”

ABOUT PARKINSON’S & THE “PARKTRAITS” PROJECT

“RI-TRATTI” DI UNA PATOLOGIA CHE… “NON GUARDA IN FACCIA NESSUNO”

“PORTRAITS” OF A CONDITION THAT… “SPARES NO ONE”

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G. Regnani, Parktraits stories_#2, 2023 

di / by Fabiola Signorelli*

 (Le storie del progetto Parktraits / Parktraits project’s stories)

“La malattia di Parkinson, sovente definita come morbo di Parkinson, Parkinson, parkinsonismo idiopatico, parkinsonismo primario, sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia neurodegenerativa.”
Quando ricevi la diagnosi di certo la reazione non è positiva, considerato anche che stai già in una fase depressiva (sintomo anche questo della malattia).
Il Parkinson è destabilizzante poiché il tuo corpo decide di muoversi senza la tua volontà e spesso ti fa perdere l’equilibrio fisico.
Il Parkinson è frustrante poiché perdi la manualità fine ed anche compiere i gesti più normali diventa difficile.
Il Parkinson è bloccante poiché il tuo corpo chiede più tempo per compiere anche i gesti più semplici, quando non rimane del tutto congelato.
Il Parkinson è isolante poiché tutti i sintomi manifesti (quelli fisici) e non (quelli psichici come la depressione, la difficoltà a ricordare o concentrarsi) ti portano a nasconderti come se fossi un appestato.
La mia prima reazione, nel condividere la diagnosi in famiglia, è stata: “Non dirlo a nessuno”… non so perché, a volte le persone non sanno affrontare certe notizie e già sei malato… non hai certo voglia di sentir dire stupidaggini o sentirti compatito. In seguito poi, personalmente, ho avuto il bisogno di dirlo perché se ne parli non sei più solo.
La solitudine del malato peggiora sempre e comunque la sua condizione, poiché questa porta depressione e apatia e nel caso nostro l’apatia va a braccetto con il peggioramento della nostra condizione, poiché “Il Parkinson è una malattia del movimento che si cura con il movimento”. L’ho sperimentato sulla mia pelle, o meglio sul mio Parkinson, il miglioramento legato all’esercizio fisico: una maggiore scioltezza nei movimenti, un umore più positivo, la riduzione del punteggio nella scala di valutazione della malattia…
Certo non basta l’esercizio fisico a risolvere il problema e nemmeno la terapia farmacologica che, come tutte le terapie, ha pro e contro (come il disturbo del controllo degli impulsi che ti porta a fare cose che mai avresti pensato o a fare ossessivamente una cosa). Anche in questo caso la condivisione è salvifica. Parlare con qualcuno, rendere l’altro partecipe della nostra condizione è il primo passo per affrontare tutto. Sembra una banalità ma da soli i problemi appaiono sempre più grandi di quanto non facciano quando li abbiamo condivisi con gli altri, come se il problema fosse una sacchetto pieno di pietre e ognuno di noi ne prendesse una… il peso di uno diviso fra tutti… condivisione.
Anche il progetto Parktraits è, secondo il mio punto di vista, un momento di condivisione prima ancora che di sensibilizzazione. Ognuno di noi condivide il proprio volto per distribuire una parte di se agli altri. Il peso che ci portiamo nell’anima viene condiviso e diventa più leggero. Ci vediamo, ci conosciamo, diamo un volto alla nostra malattia o a quella di un nostro caro. Un volto che, nell’interpretazione fatta da Gerardo Regnani, mostra il Parkinson nella rappresentazione attraverso rigidi quadrati, brevi linee che danno l’idea della velocità in antitesi alla lentezza della malattia, alterazioni cromatiche che ci proiettano in una realtà differente come quei film dove esiste un mondo parallelo… un mondo senza il Parkinson. Tutto questo è, secondo me, Parktraits. Condivisione interna ed esterna, ma anche conoscenza e informazione. Io stessa non credevo possibile il Parkinson alla mia età poiché si sa… il Parkinson è una malattia dei “vecchi”. Ed invece è bene che si sappia, attraverso i nostri volti alterati dal tocco di Regnani e dalla presenza della malattia, che essa esiste e… non guarda in faccia nessuno.

ENGLISH VERSION**

“The Parkinson’s disease, often referred to as Parkinson’s, idiopathic Parkinsonism, primary Parkinsonism, hypokinetic rigid syndrome, or shaking palsy, is a neurodegenerative disorder.

When you receive the diagnosis, the reaction is not positive, especially considering that you’re often already in a depressive state (also a symptom of the disease). Parkinson’s is destabilizing because your body decides to move without your will, frequently causing physical imbalance.

Parkinson’s is frustrating as it takes away your fine motor skills, making even the simplest tasks difficult. It’s inhibiting as your body demands more time to perform even the most basic movements, sometimes freezing altogether. Parkinson’s is isolating because all the visible (physical) and invisible symptoms (psychological, like depression, memory issues, or difficulty concentrating) push you to hide, as if you were a pariah.

My initial reaction when sharing the diagnosis with my family was: ‘Don’t tell anyone’… I’m not sure why, but sometimes people don’t know how to handle such news, and you’re already ill… you surely don’t want to hear thoughtless comments or receive pity. Later, personally, I felt the need to share it because talking about it makes you feel less alone.

A patient’s solitude always worsens their condition since it leads to depression and apathy. In our case, apathy goes hand in hand with the deterioration of our situation, as ‘Parkinson’s is a movement disorder treated with movement.’ I’ve experienced it firsthand, the improvement related to physical exercise: increased movement fluidity, better mood, a reduction in the disease’s assessment scale score…

Of course, physical exercise alone isn’t enough to solve the problem, and neither is pharmaceutical therapy, which, like all therapies, has its pros and cons (like impulse control disorders that lead you to do things you never thought of or to obsessively do something). In this case too, sharing is salvation. Talking to someone, involving them in our condition, is the first step in facing everything. It might sound trivial, but problems always seem larger when faced alone than when shared with others, as if the problem were a bag of stones and each of us took one… the weight divided among all… sharing.

In my opinion, the Parktraits project is also, above all, a moment of sharing rather than just raising awareness. Each of us shares our face to give a part of ourselves to others. The burden we carry in our souls is shared and becomes lighter. We see ourselves, we get to know each other, we give a face to our illness or that of a loved one. A face that, in Gerardo Regnani’s interpretation, portrays Parkinson’s through rigid squares, short lines that convey speed in contrast to the disease’s slowness, chromatic alterations that project us into a different reality, like those movies with a parallel world… a world without Parkinson’s. All of this, in my opinion, is Parktraits. Internal and external sharing, but also knowledge and information. I myself didn’t think Parkinson’s was possible at my age because, you know… Parkinson’s is an ‘old people’s disease.’ And yet, it’s important that through our faces altered by Regnani’s touch and the presence of the disease, people understand that it exists and… spares no one.”

Roma, 30 agosto 2023
by Fabiola Signorelli*

* Un racconto ospite del progetto Parktraits, per gentile concessione dell’autrice / *A guest story from the Parktraits project, courtesy of the author.

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SULLA MALATTIA DI PARKINSON E IL PROGETTO “PARKTRAITS” / ABOUT PARKINSON’S and THE “PARKTRAITS” PROJECT (Parktraits stories)ultima modifica: 2023-08-30T16:00:40+02:00da gerardo.regnani
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