La fotografia secondo Andrea Camilleri
Come “parlano” della fotografia alcuni personaggi e/o talune opere del celebre autore del Commissario Montalbano, scomparso a Roma il 17 luglio 2019.
G. Regnani, autoritratto in forma di fototessera (omaggio a F. Vaccari), 2005
Si tratta di un breve estratto, che non ha alcuna pretesa di esaustività, nel quale, senza specifici commenti (che eventualmente aggiungerò in seguito), propongo una selezione di piccoli brani, persino brevi cenni, in qualche caso solo delle battute, tutti/e comunque dedicati al mezzo fotografico. Li ho scelti, tra tantissimi altri, assumendomi sin d’ora la responsabilità di questa piccola raccolta, perché, a differenza di molti altri, mi sono tutti sembrati maggiormente caratterizzati da un comune denominatore con diversi altri testi presenti in questo blog. Mi riferisco, in particolare, alla relazione incessante ed altalenante della fotografia tra l’immanente soggettività e la presunta idea di oggettività, anch’essa, da sempre, immaginata come connaturata al mezzo espressivo e, tuttora, profondamente radicata nell’immaginario collettivo.
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“Tu sai quant’è importante “fotografare” con i propri occhi e la propria sensibilità.” (Salvo Montalbano)
da: Acqua in bocca, Minimun fax, Roma, 2010
“In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie,” (il Cavaliere di Iliata).
da: Favole del tramonto, Edizioni dell’Altana, Roma, 2000
“Daniela era meglio che ‘n fotografia, aviva ‘na certa naturali eleganza e ‘na spigliatizza di movimenti che l’immagini fissa non dava a immaginari.
Ancora una volta la fotografia s’ammostrò ‘ngannevoli.” (Ninuzzo Laganà)
da: Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta, Sellerio, Palermo, 2011
“Lei è in grado di dirmi se questa fotografia è un fotomontaggio? […]
Ho finito ora ora. A mio giudizio, si tratta proprio di un fotomontaggio. Assai ben fatto […]
Da che lo capisce? Dalle ombre sullo sfondo. La testa della ragazza è stata montata in sostituzione della testa della vera sposa.” (Il signor Contino a Salvo Montalbano)
da: Il cane di terracotta, Sellerio, Palermo, 1996
“Le cose stavano a questo punto quando Franchi ricevette l’invito da parte di un autorevole istituto culturale francese a recarsi a Parigi per un pubblico dibattito con Letellier.
E Franchi, deciso a farla finita, ha accettato. Siccome dall’istituto gli è stata richiesta una sua fotografia, si mette a sceglierne una. È un uomo che ha sempre evitato le comparsate televisive e le interviste, sono in pochi perciò a conoscere il suo aspetto. È indeciso tra due foto, ma una, quella che gli piace di più, è venuta con una macchia nera sulla guancia sinistra. Quella macchia gli fa nascere un’idea balzana, ogni tanto gli capita. Ci pensa su, la trova assai divertente, e la spedisce all’istituto. Sono i giorni che precedono il carnevale. Prima di partire, si reca in un negozio di maschere e giochi carnevaleschi e compra un neo di gommapiuma che s’attacca facilmente sulla pelle. Dopo l’arrivo a Parigi, si chiude in un bagno dell’aeroporto e si applica il neo in corrispondenza della macchia sulla foto.
Guardate, per favore, la mia foto sul manifesto. Vedete? Riproduce il neo che ho sulla guancia sinistra. Cosa direste se vi dicessi che quando ho fatto quella foto non avevo nessun neo e che il neo ha cominciato a spuntarmi quindici giorni dopo aver fatto la foto? Direste che il fotografo è un profeta, uno dotato di arti divinatorie?»
Tra lo stupore e il divertimento generali, si toglie il neo e se l’applica alla guancia destra. E poi dice, serissimo:
Sarebbe stato più giusto che il neo fosse dove l’ho messo ora perché la foto, che lo mostra sulla guancia sinistra, è stata stampata all’incontrario.
Il pubblico ora si sganascia. Franchi si toglie il neo e se lo mette in tasca.
E se non avessi nessun neo e quella sulla foto fosse una semplice macchia d’acido?
È un trionfo. Franchi parla per un’altra mezzora, termina subissato dagli applausi. Letellier lascia la sala sdegnato. Il direttore invita a cena Franchi. Che decide di passare in albergo per cambiarsi. Piove a dirotto. Mentre aspetta il taxi davanti al portone dell’istituto, lo rasenta un’auto. Una piccola goccia di fango schizza per aria, sbatte contro la sua guancia sinistra, vi s’incolla, in tutto simile a un neo.” (Curzio Franchi)
Il diavolo, certamente, Mondadori, Milano, 2012
“[…] non conoscendo nulla di lui [Bernardo Provenzano, N.d.R.] se non una sbiadita fotografia vecchia di oltre quaranta anni e oltretutto riproducente solo il volto, facilmente si omologava la sua figura a quella di altri capimafia […]
Fino al giorno della sua cattura, di Provenzano non si conosceva altro che una fotografia giovanile, formato tessera, che lo ritraeva coi capelli imbrillantinati e un’espressione chiusa, alquanto impacciata. Per decenni gli investigatori hanno cercato con ipotetici identikit di seguire le modificazioni che il tempo avrebbe dovuto segnare su quel volto […]
Insomma, attorno a quella vecchia fotografia si è detto tutto e il contrario di tutto. Quella foto, ripetutamente apparsa sui giornali e nelle Tv, è stata per anni e anni discussa e interpretata come se fosse l’enigmatico dipinto di un grande maestro. Sicché quando Provenzano è stato preso e lo si è potuto vedere finalmente in carne e ossa, la sua immagine reale è parsa un tantino deludente, priva di quel senso di fascinoso mistero che la fotografia suscitava […]
Venne intervistato da Montanelli al quale rifiutò di dare una propria fotografia (Chi bisognu c’è? Iu nuddu sugnu…).”
Voi non sapete, Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano, Mondadori, Milano, 2007
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La fotografia secondo Andrea Camilleriultima modifica: 2021-12-01T00:02:32+01:00da
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